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LAVORO & PREVIDENZA

Nel 2027 un mese in più per andare in pensione

Il pacchetto previdenziale del Ddl. di bilancio 2026 prevede anche interventi per pensioni minime e APE sociale

/ Luca MAMONE

Sabato, 25 ottobre 2025

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Aumento delle pensioni minime, incremento dell’età pensionabile, conferma dell’APE sociale e dell’incentivo al posticipo del pensionamento.
Sono queste alcune delle misure di maggior rilievo in materia pensionistica presenti nel Ddl. di bilancio 2026, ora avviato all’iter parlamentare.

Entrando nel dettaglio, si evidenzia subito come trovi conferma anche per il prossimo anno l’incremento speciale delle pensioni “minime”, riconosciute in favore dei soggetti in condizioni disagiate.
Si ricorda infatti che anche la legge di bilancio 2025 è intervenuta in materia, completando gli interventi transitori finalizzati a contrastare le tensioni inflazionistiche registrate negli anni 2022-2023 e nelle more dell’avvio di un programma di potenziamento delle misure a sostegno dei pensionati in condizioni disagiate.
Ora, la nuova disposizione, se confermata, prevede per il 2026 un incremento di 260 euro su base annua, ovvero 20 euro per 13 mensilità.

Un’altra conferma presente nel documento in esame riguarda l’APE sociale introdotta dall’art. 1 comma 179 e segg. della L. 232/2016, che consiste in un’indennità erogata dall’INPS con la funzione di sostenere il reddito del lavoratore dai 63 anni e 5 mesi di età sino alla maturazione del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, attualmente pari a 67 anni.

Si ricorda che possono beneficiare dell’APE sociale i disoccupati di lungo corso, i caregiver e gli invalidi al 74%.
Nel merito, il testo del provvedimento conferma che lo strumento di sostegno in questione non è cumulabile con i redditi di lavoro dipendente o autonomo, a eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro lordi annui.

Il Ddl. di bilancio 2026 interviene poi in materia di adeguamento alle variazioni della speranza di vita dei requisiti di accesso al sistema pensionistico.
Si tratta, probabilmente, della disposizione più attesa dell’intero pacchetto previdenziale che, se confermata in sede parlamentare, prevede, limitatamente al 2027, un incremento dei predetti requisiti, stabilito con apposito decreto interministeriale, nella misura di un solo mese.

Invece, l’incremento stabilito dal citato decreto interministeriale troverà piena applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2028.
Tuttavia, tale disposizione non riguarderà tutte le categorie di lavoratori.
Infatti, si prevede la disapplicazione dell’incremento per i lavoratori dipendenti di cui alle professioni indicate all’Allegato B annesso alla L. 205/2017, che svolgono, al momento del pensionamento, da almeno 7 anni negli ultimi 10 ovvero da almeno 6 anni negli ultimi 7, attività lavorative in tali professioni per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo e sono in possesso di un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni.

Inoltre, sono esclusi i lavoratori (compresi i “precoci”) addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, di cui all’art. 1 comma 1, lett. a), b), c) e d) del DLgs. 67/2011, che soddisfano determinate condizioni, e che sono in possesso di un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni.

Ancora, in analogia con quanto previsto per disposizioni simili, si prevede che non sia modificata la data di liquidazione dei trattamenti di fine servizio e fine rapporto rispetto alla normativa vigente per i dipendenti pubblici.
Una disposizione particolare riguarda poi i percettori di APE sociale, i quali continueranno a beneficiare della prestazione fino al conseguimento del requisito anagrafico di vecchiaia adeguato.

Infine, il Ddl. di bilancio 2026 conferma l’incentivo al posticipo del pensionamento ex art. 1 comma 161 della L. 207/2024, riconosciuto ai lavoratori dipendenti che maturano entro il 31 dicembre 2026 i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata di cui all’art. 24 comma 10 del DL 201/2011, e decidono di rinunciarvi.
In conseguenza dell’esercizio di tale facoltà viene meno ogni obbligo da parte del datore di lavoro di versare i contributi IVS della quota a carico del lavoratore, a decorrere dalla prima scadenza utile per il pensionamento successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà.

Con la medesima decorrenza, la somma corrispondente alla quota di contribuzione a carico del lavoratore dovuta all’ente previdenziale, qualora non fosse stata esercitata la predetta facoltà, è corrisposta interamente al lavoratore e, relativamente alla medesima, trova applicazione l’esclusione dall’imponibile fiscale ai sensi dell’art. 51 comma 2, lett. i-bis) del TUIR.

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