Giusto evidenziare le incongruenze e gli abusi di diritto non fiscali
Caro Direttore,
leggo abitualmente con curiosità i tuoi editoriali, dei quali apprezzo spunti critici e capacità di osservazione e di cui condivido spesso osservazioni, proposte e suggerimenti.
Da ultimo ti sei soffermato sull’analisi dei proclami relativi alla condanna dell’evasione fiscale e alla problematica dell’abuso del diritto (non solo fiscale).
In particolare, nell’editoriale del 21 settembre hai evidenziato la necessità che “ciascuno faccia la sua parte” al fine di rompere “l’equilibrio di due squilibri” – da una parte lavoratori dipendenti iper garantiti, e, dall’altra, lavoratori autonomi e imprese mai davvero messi con le spalle al muro rispetto allo sconcio dell’evasione fiscale – evidenziando come questa situazione di fatto non sia ulteriormente prorogabile, quanto meno per mancanza di risorse.
Concordo con il tuo pensiero, ma non posso non rilevare come un grosso ostacolo all’accoglimento del tuo appello consista nel fatto che sia la classe politica, sia la “triplice” esistono e fondano la loro autoalimentazione grazie al posto che ricoprono. E non bisogna dimenticare che il posto che ricoprono è sovente stato faticosamente conquistato (anche questo è diventato una sorta di “proprietà”) grazie a promesse elettorali volte a far intendere che, finché quel posto viene da loro ricoperto, è possibile garantire il permanere di taluni privilegi “ad categoriam”. Negare, poi, la realizzabilità di tali promesse significherebbe perdere il consenso conquistato.
È quindi evidente che sia la politica, sia il sindacato, per poter legittimare la propria esistenza a sostegno e beneficio di tutta la collettività, dovrebbero rischiare in prima persona la perdita di uno status e dei relativi e connessi vantaggi. E con i tempi che corrono...
Diventa, di conseguenza, assai difficile che soggetti che hanno faticosamente conquistato un “posto” sicuro e remunerativo agiscano in modo obiettivo ed equilibrato, anteponendo il bene collettivo a quello personale, anche nella consapevolezza che, in assenza di un cambiamento generale del modo di pensare e di agire, non alimentando più lo scambio, il singolo proponente di riforme tendenti a modificare status quo consolidati sarà l’unico soccombente.
Ben vengano, pertanto, esternazioni volte ad evidenziare determinate incongruenze e abusi di diritto (non fiscali) e che aiutino tutti a riflettere e a sostenere i (pochi?) volenterosi che vogliano impegnarsi a cambiare abitudini, mentalità e modi di agire al fine di sancire un “nuovo patto” volto alla costruzione di una società più sana e corretta (e meno corrotta).
Piero Marchiando
Presidente ODCEC Aosta
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