Niente sindacalismo esasperato, ma attenti al narcisismo
Qualche giorno fa, il Presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia, Alessandro Calligaris, ha lanciato un forte monito contro l’evasione fiscale: siamo pronti – ha tuonato – ad espellere dall’associazione le imprese che evadono le tasse.
Insomma, a quanto pare, bisognerà attendere proprio il 21 settembre perché finisca questa estate di anatemi a senso unico contro l’evasione fiscale, in un Paese che, evidentemente, per il resto è un modello di legalità ed etica.
Abbiamo più volte sottolineato come questo Paese si sia fino ad oggi retto sull’equilibrio di due squilibri: da una parte, lavoratori dipendenti iper-garantiti, tanto più se nel pubblico impiego, al punto da poter considerare il proprio mestiere più come una proprietà (il famoso “posto”) che non come qualcosa da guadagnare ogni giorno con il proprio merito; dall’altra, lavoratori autonomi e imprese mai davvero messe con le spalle completamente al muro rispetto allo sconcio dell’evasione fiscale.
Abbiamo più volte evidenziato come questo equilibrio perverso non sia ulteriormente prorogabile: se non per un mai troppo tardivo moto di senso etico e di giustizia, quanto meno per mancanza di risorse e quindi per l’impossibilità di continuare a regalare garanzie eccessive agli uni e tollerare l’evasione troppo diffusa degli altri.
Abbiamo però anche ricordato come un equilibrio perverso, che si regge su due squilibri contrapposti, può essere superato solo nella misura in cui si proceda con pari velocità e determinazione all’eliminazione di entrambi gli squilibri: diversamente, si produrrebbe solo una situazione di ancora maggiore conflittualità e tensione sociale.
Tutti ragionamenti che sono nel dna della nostra categoria e che, non a caso, sono stati più volte illustrati, a voce e per iscritto, anche dal Presidente del nostro Consiglio nazionale, Claudio Siciliotti.
Non stupisce quindi che i primi a muovere passi importanti verso la costruzione di un equilibrio nuovo siano gli imprenditori e i liberi professionisti, poiché sono con tutta evidenza le categorie del Paese che, assai più di altre, sono composte da persone che sanno rischiare, mettersi in gioco e credere possibile ed entusiasmante quello che ad altri appare solo difficile e faticoso.
Credo quindi che, come il sottoscritto, la grande maggioranza dei commercialisti italiani apprezzi i sempre più frequenti e generosi slanci contro l’evasione fiscale che provengono dai rappresentanti delle imprese e dei liberi professionisti, commercialisti in testa.
Credo però anche che, come il sottoscritto, molti gradirebbero vedere che a queste aperture ne corrispondano altrettante da parte dei rappresentanti di altre categorie, nel segno di una vera strategia di creazione di un nuovo trasversale patto tra gli onesti di questo Paese.
Mi spiego, o per lo meno ci provo.
È del tutto logico che siano le componenti più dinamiche e costruttive della nostra società a farsi carico di spezzare l’equilibrio degli squilibri, tendendo per prime la mano con affermazioni volte sostanzialmente a gridare la nudità del re per quel che attiene la parte che, viceversa, sarebbe loro gretto interesse continuare a negare.
Quando però, di fronte a reiterati appelli di rappresentanti di commercialisti ed imprenditori contro l’evasione fiscale, i sindacalisti della “triplice” non ammettono a propria volta, con toni altrettanto chiari, la vergogna della inamovibilità dei dipendenti pubblici immeritevoli e i politici non gridano il proprio sdegno per un garantismo ormai trasformato in franchigia da qualsiasi senso etico, ma si limitano invece, tanto gli uni quanto gli altri, a confermare che “sì, è vero, l’evasione fiscale è la vergogna del Paese da combattere”, ebbene: non è forse il caso di frenare gli entusiasmi e ricordare che un nuovo patto presuppone che ciascuno faccia la sua parte?
Essere quelli che tendono la mano per primi è giusto e fa di noi quello che siamo: una delle parti sane del Paese che vuole essere per davvero protagonista del suo cambiamento.
Tuttavia, essere quelli che continuano a tenere la mano tesa anche se nessuno dimostra di volerla stringere, alla lunga può divenire più bello che giusto.
Anche nel prossimo futuro, dunque, no al sindacalismo esasperato che sta uccidendo questo Paese nel nome degli interessi categoriali, ma sempre grande attenzione a non rischiare di cadere nella trappola del narcisismo che, tutti presi da se stessi, fa perdere di vista se gli altri ascoltano davvero l’apprezzabile sforzo prodotto da alcuni, oppure semplicemente lo cavalcano, per creare non un nuovo equilibrio virtuoso insieme a loro, ma un solo grandissimo squilibrio tutto spostato sulla loro testa.
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