Accertamenti fuori misura per il settore non profit
Caro Direttore,
seguo il settore non profit da oltre vent’anni e da alcuni mesi sono particolarmente coinvolto nell’assistenza alle associazioni e società sportive raggiunte dalle verifiche fiscali. È come se di colpo si fosse aperta una voragine: dopo anni nei quali i sodalizi hanno usufruito di regimi agevolati, nei quali l’Amministrazione si è pronunciata su che cosa sia “l’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche” in ambito tributario e contributivo attenuandone il prelievo erariale, di colpo è entrata nel mondo sportivo dilettantistico con accessi che portano sistematicamente a “constatare” requisiti d’impresa e quindi a disconoscere ogni agevolazione, ricostruendo le imposte da recuperare con metodologie che francamente preoccupano un settore sicuramente non in grado di sostenere verbali pesantissimi, con buona pace del principio costituzionale di capacità contributiva.
Mi spiego meglio con un esempio. Si prenda il caso di un controllo fiscale che disconosce i requisiti sportivi dilettantistici a un’associazione che ha 200mila euro di entrate e 195mila euro di uscite (quindi avanzo di gestione 5mila euro), regolarmente affiliata a una federazione sportiva, iscritta al Registro Coni, in regime fiscale agevolato ex L. 398/91:
- le entrate sono considerate interamente commerciali e viene applicata l’IVA non attraverso lo scorporo, bensì (sic!) applicando in più il 20% al totale entrate;
- l’IVA pagata ai fornitori non è riconosciuta detraibile, poiché il mancato esercizio della detrazione entro il biennio dall’effettuazione dell’operazione inibisce il suo recupero.
- detta IVA non è neppure riconosciuta come costo ex art. 99 TUIR: non l’hai detratta all’epoca in cui lo potevi fare, dunque oggi la perdi.
Facciamo un calcolo parziale:
- 40mila euro di IVA a debito recuperata (anziché 33 mediante scorporo), nessuna detrazione;
- l’IRES sarà applicata su un reddito almeno di 5mila (l’avanzo di gestione) + l’IVA ai fornitori (circa il 20% sulle uscite) per 30mila = 35mila di imponibile;
- l’IRAP segue l’IRES, in più sono ovviamente recuperati a tassazione i compensi pagati a istruttori, allenatori, dirigenti, ecc., che non godono più della decommercializzazione ex art. 67, lettera m) del TUIR e conseguente esenzione IRAP.
Ora passiamo alle sanzioni:
- 100% sull’IVA non versata = 40mila;
- 120% per mancata presentazione della dichiarazione IVA = 48mila (in regime di L. 398 è previsto l’esonero dalla presentazione dei quadri Iva);
- 100% su IRES e IRAP = circa ulteriori 15mila euro.
E adesso facciamo il totale: quasi 160mila euro fra imposte e sanzioni, quasi il volume delle entrate dell’ente, circa trentadue volte il risultato di gestione.
E ciò moltiplicato per il numero degli anni sottoposti a controllo.
I risultati che scaturiscono rendono evidente l’insostenibilità degli addebiti erariali da parte del contribuente, ma soprattutto emergono sia il singolare sistema di determinazione dell’Iva a debito, sia il disconoscimento della detrazione dell’Iva pagata ai fornitori (le prime pronunce dei giudici tributari tuttavia la ammettono), sia l’applicazione della sanzione per omessa dichiarazione IVA, considerato che in regime di L. 398 è la stessa Amministrazione che esonera dall’adempimento come confermato da circolari e risoluzioni: e la ragionevole incertezza della norma?
Il settore non profit auspica un intervento della Direzione Centrale che chiarisca tempestivamente le modalità di esecuzione dei prossimi controlli e che risolva almeno in parte quelli già eseguiti: scorporo per l’IVA a debito; riconoscimento dell’IVA a credito; non applicazione della sanzione per omessa dichiarazione IVA.
Così facendo, gli accertamenti diverranno sostenibili e ciò consentirà al contribuente di valutare anche gli istituti deflativi del contenzioso, allo stato attuale delle cose improponibili per i già espressi motivi.
Simone Boschi
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Firenze
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