Contro l’evasione paghiamo di più i funzionari dell’Agenzia
Per una percezione più corretta dell’evasione, si potrebbero raccogliere anche i dati sulle pratiche per confrontare «accertato» e «definitivo»
Pubblichiamo l’intervento di Marco Pezzetta, presidente dell’ODCEC di Udine e consigliere dell’IRDCEC.
I rapporti fra Erario e contribuenti stanno diventando sempre più difficili.
Questo è un dato che mi viene riferito da molti colleghi e che io stesso, attraverso chi, in seno al mio studio, si occupa di accertamenti e di contenzioso tributario, misuro con frequenza crescente.
Molti mi chiedono anche se l’Ordine (o il CNDCEC) non possa o debba intervenire in qualche modo. La mia opinione è che, a livello locale, non si possa fare molto.
Premesso, infatti, che nella mia esperienza ordinistica i rapporti con l’Amministrazione finanziaria e la Guardia di Finanza sono ottimi e collaborativi, va detto che i colleghi sono piuttosto renitenti a “denunciare” apertamente (eventuali e asserite) attività accertative che sfiorino la capziosità, se non addirittura percepite come persecutorie. Questo per l’ovvio motivo che così facendo potrebbero cagionare pregiudizio ai propri assistiti, oltre che violare il segreto professionale.
C’è anche la paura di pregiudicare i propri personali rapporti con i locali Uffici, rapporti che, come è ovvio, facilitano l’esecuzione delle pratiche a ciascuno di noi affidate dai clienti.
Va anche detto, infine, che non è sempre a torto che veniamo additati come una professione che predica bene ma razzola male, in quanto anche fra di noi vi sono coloro che abusano effettivamente del diritto favorendo l’evasione.
Come uscirne? Io non ne sono certo, ma credo che gli strumenti potrebbero essere due:
- abolire i budget, cioè la finta obbligazione di risultato, a cui l’Agenzia nel suo complesso e le singole persone che la compongono sono assoggettati. Una pubblica amministrazione dovrebbe essere sempre giudicata solo attraverso una obbligazione di mezzi e non risultati, altrimenti l’ufficio imposte potrebbe diventare un ufficio soprusi, l’università un “esamificio” e gli ospedali non si pongono l’obiettivo di curare ma di “non sprecare”;
- pagare di più i funzionari: sembra che in Inghilterra, ad esempio, i funzionari pubblici che si occupano dell’evasione siano equiparati agli ambasciatori, hanno cioè il più alto livello di remunerazione fra i dipendenti dello Stato; che sia un modo pretendere obiettivi, indipendenza e serenità di giudizio?
Nel frattempo, trovo fuori luogo la politica dei proclami con la quale Amministrazione finanziaria e Guardia di Finanza dichiarano risultati di recupero dell’evasione che sono, almeno quasi sempre, riferiti all’accertato e non a quanto effettivamente incassato a seguito del pre-contenzioso, di conciliazione o di una sentenza passata in giudicato.
Potrebbe essere utile allora raccogliere dai colleghi i dati relativi al confronto fra “accertato” e “definitivo” per le pratiche da ciascuno seguite (garantendo ovviamente l’anominato). Non otterremo un quadro completo dei contribuenti italiani (posto che non abbiamo esclusive), ma si tratterebbe di un dato che, magari ad altri (altrettanto facilmente raccoglibili ed elaborabili, ad esempio, dall’IRDCEC), potrebbe essere un elemento spendibile per fornire una percezione più corretta delle dimensioni dell’evasione in Italia e della qualità dell’attività accertativa, che è e rimane una funzione essenziale dello Stato, che tutti noi cittadini dobbiamo apprezzare, valorizzare a coadiuvare.
È un’idea che sottopongo volentieri al Consiglio Nazionale perché, se ritiene, la faccia propria.
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