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LETTERE

Sulla tariffa professionale, Assonime commette invasione di campo

Martedì, 19 aprile 2011

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Caro Direttore,
non è certo passata inosservata la circolare di Assonime in tema di compensi ai sindaci (si veda “Nuova tariffa del collegio sindacale al vaglio di Assonime” del 15 aprile 2011).
Come ben sai mi occupo di tariffa professionale e, nella mattinata di venerdì, ho ricevuto diverse telefonate dai colleghi che chiedevano spiegazioni in merito.

Assonime è un’associazione di natura privatistica, così come confermano gli artt. 1 (“L’Associazione fra le società italiane per azioni, in forma abbreviata Assonime, è un’associazione volontaria senza finalità di lucro e svolge la sua attività secondo le norme del presente statuto”) e 19 (“Le domande di ammissione all’Associazione sono devolute al giudizio insindacabile del Consiglio direttivo, salva la facoltà del direttore generale di darvi provvisoriamente corso”) dello statuto stesso. In quanto tale, svolge la propria attività in favore dei propri associati.

È quindi del tutto legittimo che, nelle proprie circolari, Assonime dia il giusto risalto a quella che è la propria posizione sugli argomenti oggetto delle circolari, ma teniamo sempre bene a mente che si tratta di un’associazione avente natura privatistica, né più né meno come le associazioni sindacali di categoria.

Gli estensori della circolare si soffermano sugli aspetti civilistici della teoria del contratto, richiamando l’attenzione sui principi generali in tema di perfezionamento dell’accordo e sottolineando le conseguenze in materia di risoluzione per indeterminatezza dell’oggetto, ovvero per eccessiva onerosità. Infine, non poteva mancare un passaggio sulla gerarchia delle fonti, sottolineando la natura regolamentare della tariffa professionale e ponendo l’accento, con richiami anche giurisprudenziali, sul 1° comma dell’art. 2233.

Visto che è stato tirato in ballo l’art. 2233 in tema di compensi, perché “sorvolare” sul 2° comma, che dispone appunto che “In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera ed al decoro della professione”.
Dimenticanza? Fretta di andare in stampa? Chissà?
Quello che, come dottore commercialista, non posso accettare è che Assonime si sostituisca al nostro Consiglio nazionale o al giudice e si proponga come interprete autentico del nostro codice di deontologia professionale, arrivando ad affermare che per un professionista accettare un incarico con un compenso sensibilmente inferiore a quanto previsto dalla tariffa è “anche corretto sotto il profilo deontologico”.

Sappiamo tutti quali oneri e quali responsabilità incombano sui componenti dei collegi sindacali e, in tal senso, chiudo con una domanda alla quale gradirei una risposta, magari anche dalla stessa Assonime.
In una società per azioni che fattura oltre 100 milioni di euro, dove gli amministratori percepiscono compensi nell’ordine di alcune centinaia di migliaia di euro all’anno pro capite, proporre a un professionista un compenso di 5.000 euro all’anno per l’attività di sindaco (e magari, già che è lì, anche di revisore legale) rispetta i criteri del 2° comma dell’art. 2233 in tema di importanza dell’opera e decoro della professione?

Mi auguro che le nostre istituzioni, CNDCEC e IRDCEC per primi, non manchino di farsi sentire su un tema delicato come questo. Non dimentichiamoci la funzione pubblicistica di tutela degli interessi dei terzi che svolge il collegio sindacale.


Alessandro Lini
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Pisa

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