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LETTERE

Facciamoci valere, applicando l’etica

Martedì, 6 settembre 2011

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Caro Direttore,
mi corre l’obbligo, in questa calda estate dell’anti-politica e dell’anti-casta, di farmi parte di un moto di ripulsa, non solo personale, verso l’odierna situazione: non sta a me comunque fare analisi politiche, la politica si commenta da sé, con i suoi meccanismi di consenso e di servizio ai poteri forti.

Sarò quindi breve, anche perché stanno montando interventi sul fronte fiscale che, se già siamo ridotti a rango di meri esecutori di norme di legge e di direttive ministeriali, di noi non rimarrà che il lontano ricordo di una professione che si dovrebbe ispirare, in punto di principio e di fatto, ai valori dell’indipendenza e dell’obiettività.

La nostra credibilità è ormai ai minimi storici – dico male? – additati, come siamo, a collaboratori di ingiustizia. Anche se, a dire il vero, non siamo poi così presenti nei discorsi, che si fanno sui quotidiani, in merito ai temi caldi dell’attualità economica e sociale.   

Il dibattito politico è un gran parlare di coesione sociale, di equità sociale e generazionale, di giustizia sociale, oltre che di rigore dei conti e di competitività del sistema Italia.
Da molto tempo, la persona non sta più al centro dei discorsi: la persona o è elettore, in ciò compiace silenziosamente l’eletto (fino a quando?), o è contribuente limone-da-spremere, in forza di un diritto incontestabile dello Stato che si arroga il potere di tassare sempre e comunque, con strumenti, a volte, palesemente incostituzionali o con norme modificate a seconda dei bisogni, o è servitore umile, e qui mi ricomprendo, di un potere che gli è estraneo e che detta tempi e condizioni.     

Come uscire dallo stallo, a questo punto?
Applichiamo l’etica, promuoviamo soluzioni etiche in campo fiscale e sociale, il terreno che ci è più congeniale. E facciamoci valere, nelle sedi istituzionali.
L’etica, me ne rammarico, non è parte dei discorsi tra noi professionisti, tra professionisti e Stato. Mi conforta leggere il recente intervento di Marco Cramarossa, Presidente UGDCEC di Bari e Trani (si veda “Per uscire dalla crisi, serve un nuovo progetto di politica economica” dello scorso 31 agosto).  

Il rispetto della dignità della persona, via verso il bene comune, è, ai più, concetto astratto: parliamoci chiaro, sono concetti di ordine metagiuridico, sconosciuti appunto ai più, per nulla scontati, nonché complicati da intendere nei meccanismi economici che li ordinano, comunque possibili.
Dico meccanismi economici non a caso: l’etica è parte dell’economia, da sempre, l’etica funziona in modo da ordinare l’economia.

La consapevolezza che l’Italia non vuole mai risolvere i problemi strutturali, debito, crescita, giustizia e così via, con o senza federalismo, genera sfiducia; diversamente, l’etica porta concretezza di risposta, praticabilità e continuità nel tempo.
Il diritto, in mano a un Legislatore schizofrenico e poco lungimirante, complica le cose. L’etica invece le semplifica, crea capitale sociale e promuove crescita sostenibile: ben congegnata, non ci si perde in una valanga di decreti attuativi o di norme interpretative.

Accantonando facili suggestioni, il momento odierno è propizio per proporre alcune vie etiche, che abbiano in sé una certezza: la loro praticabilità farà della categoria una controparte “sociale”, alla stregua di Confindustria o dei sindacati, meritoria di rispetto e di ascolto.
Io ne ho alcune, spaziano in più ambiti: dal come evitare l’ulteriore sfregio dei nostri territori, dal come “calmierare” lo “stupro fiscale di massa” in atto (e alludo alla montagna di cartelle esattoriali che circolano, a fronte di nuclei familiari disperati), alla politica fiscale “di rapina” che si sta congegnando per un rapido recupero delle somme contese, al come cercare di contenere l’insolvenza delle imprese “sane”, che, sempre, conduce a procedure concorsuali. Un fronte aperto è poi la “fiscalità etica”.     

Equitalia, concepita per riscuotere dai grossi evasori, di fatto sta perseguendo i piccoli e medi contribuenti, minando in radice il sistema sociale. Lo stesso progetto di legge per la ristrutturazione dei debiti dei privati, famiglie e piccoli imprenditori insolventi, rimarrà nella storia dell’attuale Esecutivo/Parlamento per la sua mancata approvazione.
Ciò che è etico è buono, è in sé una riforma strutturale, a condizione che non si fermi ai classici espedienti per fare cassa (vedi Robin Hood Tax), col “palliativo etico” (finanziamento della social card).

Ognuno di noi, in ragione della propria esperienza, è portatore di buon senso: insieme, i nostri saperi si fanno sapienza, un capitale di creatività e di conoscenze pratiche al servizio del Paese, non più a ruota dello Stato.
Abbiamo il dovere, come dottori commercialisti, di far valere le nostre qualità, il nostro fare etico e la nostra indipendenza: abbiamo il bagaglio intellettuale sufficiente per essere parte attiva e propositiva, in un quadro il più ampio possibile e il più condiviso.

Consiglio nazionale, batti un colpo! Occupati di etica e di economia, troverai colleghi disponibili a dare il proprio contributo.


Gianpietro Confente
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Vicenza


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Caro Collega,
in verità, nel corso del mese di agosto, proprio sulle pagine virtuali di Eutekne.Info si è assistito a posizioni diametralmente opposte tra chi è legittimamente convinto dell’opportunità, se non addirittura della necessità, che i commercialisti italiani facciano sentire alta la loro voce con un approccio non soltanto tecnico, e chi è invece legittimamente convinto del fatto che proprio l’averla fatta sentire molto, in questi ultimi due o tre anni, li abbia esposti, o rischi di esporli in futuro, a ritorsioni e ripicche da parte di altre categorie o dalla stessa politica.

Con la tua lettera, il dibattito si sposta dai vertici alla base e, non ce ne vogliano i vertici, proprio per questo acquisisce ancora maggiore interesse.


Enrico Zanetti
Direttore Eutekne.Info

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