Contro l’evasione una soglia di tracciabilità più bassa, ma non solo
Caro Direttore,
ricorda gli esordi di Tremonti, tre anni fa? Tracciabilità a 12.500 euro e abolizione degli elenchi “clienti e fornitori”: provvedimenti salutati con favore, anche dalla nostra Categoria, in nome della semplificazione e contro lo “Stato poliziesco”. Ora dietrofront colossale, anche da parte della nostra Categoria (no comment): moneta elettronica a partire da una soglia molto bassa (300 euro almeno), contrasto di interessi e ripristino degli elenchi “clienti e fornitori”, ed è solo l’inizio per contrastare l’evasione fiscale.
In un’economia finanziaria fatta di tracce elettroniche, lo strumento più efficace ed economico per contrastare l’evasione è indubbiamente la tracciabilità dei pagamenti, introdotta come obbligo generalizzato, per tutti. Gli attuali 2.500 euro rappresentano ancora un limite non sufficientemente basso da permettere l’emersione di un’ampia quota di evasione. Non è uno stimolo sufficiente.
In uno studio dello scorso aprile, due ricercatori dell’Associazione Bancaria Italiana, Daniele Di Giulio e Carlo Milani, hanno esaminato la relazione statistica tra l’utilizzo delle carte di pagamento (bancomat e carte di credito) e l’economia sommersa, utilizzando come proxy del livello di quest’ultima, su base territoriale, il tasso di lavoro irregolare. I due ricercatori hanno stimato che un incremento di 10 punti percentuali della quota di famiglie detentrici di carte di debito/credito ridurrebbe il tasso di irregolarità di mezzo punto percentuale. Nell’ipotesi migliore di un uso generalizzato delle carte di debito/credito in ogni nucleo familiare, l’economia irregolare arriverebbe a “restituire” fino a due punti percentuali.
Dato che ogni punto di lavoro irregolare determina, in base ai dati ISTAT, circa un punto e mezzo di economia non osservata, l’effetto in termini di emersione del sommerso viene stimato tra i 10 e i 40 miliardi di euro, pari all’incirca tra il mezzo punto e i 3 punti di PIL.
Stando a queste evidenze empiriche, la tracciabilità dei pagamenti non risolve del tutto il problema dell’evasione fiscale: l’azione di contrasto è più efficace se combinata con il contrasto di interessi e l’elenco “clienti e fornitori”, ovvero i meccanismi minimali che rendono meno conveniente l’evasione.
Inutile aggiungere che ciò varrebbe a depotenziare, una volta per tutte, gli studi di settore.
L’ISTAT, per bocca del Presidente Giovannini, ha aggiunto che la riduzione dell’uso del contante, oltre a essere funzionale allo spesometro (anche lui ha abboccato al camaleontico Tremonti), riduce i costi per il sistema Italia prodotti dall’uso della carta-moneta, che l’ABI stima in 10 miliardi di euro. L’Istituto è tuttavia perplesso verso un uso generalizzato del contrasto di interessi, per i costi anche sociali indotti, preferendosi un impiego solo in aree a maggiore evasione e affiancato alla tracciabilità dei pagamenti.
Va da sé che un contribuente chiede la ricevuta al carrozziere, e “striscia” la carta di credito, solo se può portare in UNICO PF il relativo costo.
In ogni caso, dall’uso massiccio degli strumenti minimali resterebbero comunque scoperte vaste aree di evasione, che necessitano di specifiche azioni preventive e dissuasive, e annesso corredo sanzionatorio (cito solo l’incrocio dei dati sulle proprietà e le intestazioni a prestanome).
Non disponendo di analisi empiriche complete, chiedo ai colleghi un’opinione spassionata: quale impatto avrebbe, in termini di rientro dell’evasione, l’azione combinata di tracciabilità (oltre una soglia molto bassa), contrasto di interessi ed elenco “clienti e fornitori”? A partire da una stima del sommerso pari al 22% del PIL, a quanto potrebbe calare l’evasione, diciamo in un arco di tre-cinque anni?
Le possibili ipotesi sono:
- al 19 % (ipotesi minima, per il solo effetto tracciabilità, sopra esaminato)
- al 16 % (ipotesi accettabile, tale da giustificare ampiamente l’aggravio amministrativo)
- al 13 % (ipotesi possibile, ovvero la riduzione di più di un terzo dell’evasione).
A lume di naso, io propenderei per l’ultima.
Chissà cosa poi potrebbe succedere con l’ulteriore combinata redditometro-spesometro.
Gianpietro Confente
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Vicenza
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