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LETTERE

La pressione fiscale aumenta: Stato di diritto o sistema feudale?

Venerdì, 30 dicembre 2011

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Egregio Direttore,
è con una certa rabbia che seguo le evoluzioni del Governo Monti in materia di nuove imposte e tasse, tutte dal sapore “patrimoniale” ma mai chiamate tali, forse per lasciare spazio ad una misura fiscale con quel nome in un prossimo futuro.

Devo riconoscere che l’obiettivo, perseguito – anche con l’aiuto della carta stampata – da chi ci ha governato e ci governa, di rendere antagonisti i dipendenti (soprattutto del settore pubblico) e i professionisti/imprenditori sta dando i suoi frutti: i primi additati come i soliti noti pagatori e i secondi come gli eterni evasori fiscali.

Tale contrapposizione ha permesso di evitare che i contribuenti cominciassero a porsi una domanda, forse banale: in assenza di una controprestazione, fino a dove può spingersi la pressione fiscale in uno stato di diritto? In sostanza, quando è possibile sostenere che non si è più in uno stato di diritto, ma in un sistema feudale nel quale il Principe riscuote le imposte – sia nell’an che nel quantum – che gli servono per soddisfare i suoi bisogni e quelli dei suoi cortigiani?

Di recente mi è stato ricordato il detto “chi non sa fare insegna”: senza volermene innamorare, ritengo che sia una questione di angolazione da cui si guarda il mondo circostante. A mio avviso, chi ci governa dovrebbe avere sempre una visione del mondo a 360°, anche se può fregiarsi del titolo di professore o tecnico che dir si voglia.
Non è sempre vero che i più abbienti – anche per il solo fatto di avere ruoli di Governo e/o essere professori – non sono a conoscenza delle difficoltà in cui versano i soggetti meno fortunati. Molto dipende, oltre che dall’intelligenza del singolo, da numerosi altri fattori tra cui lo stile di vita, le persone che si frequentano, la disponibilità a parlare con le persone (tutte) e le attività sportive praticate.

La fiscalità tocca la capacità del singolo di spendere, investire, fare regali, risparmiare, pensare e programmare il proprio futuro. Il contribuente non sarà mai contento di “pagare le tasse”, in quanto è sempre difficile far coincidere gli interessi della collettività con quelli del singolo, ma il suo grado di “felicità” sarà direttamente proporzionale alla stima che ripone nei suoi governanti e nella qualità e quantità dei servizi che riceve dallo Stato. Non è normale che in Italia ci si sorprenda di fronte alla disponibilità di un qualsiasi funzionario pubblico, che lo si additi come meritevole di menzione. Non dovremmo stupirci della normalità.

È, quindi, solo imparando a conoscere il mondo che ci circonda, tutto, che si è in grado di capire le misure che vengono adottate in materia fiscale e il loro impatto nella vita quotidiana dei singoli contribuenti.
È difficile chiedere (ulteriori) sacrifici senza farne, pretendere che quanti usano l’autovettura non per piacere ma per lavoro, in ipotesi tutti i giorni, debbano spendere anche 4/5 euro in più per fare il pieno. Chiedere ad un fumatore – che ha già scelto di risparmiare utilizzando il trinciato – un ulteriore balzello sul suo vizio, a chi si è comprato la casa, anche facendo sacrifici, di pagare un’imposta patrimoniale annuale (IMU), che si va a sommare a tutta una serie di altre tasse e/o imposte: rifiuti, bollo, IVA, ICI sugli immobili all’estero. Il cittadino-contribuente non riesce più a capire a fronte di cosa gli vengano chieste imposte e tasse.

Da qui l’interesse a parlare sempre e comunque di evasione fiscale, il vero specchietto per le “allodole contribuenti”, come se questa fosse allo stesso tempo l’origine e la mancata soluzione del debito pubblico del nostro Paese. Un debito pubblico per nulla correlato agli sprechi, agli abusi del patrimonio pubblico, alla corruzione in materia di appalti pubblici, alle assunzioni clientelari, in sostanza al livello di spesa corrente dal dopoguerra ad oggi del Principe e dei suoi cortigiani, di destra, di sinistra e di centro.

Mi chiedo come sia possibile che il Governo Monti non abbia nemmeno fatto finta di porre rimedio alle clientele, piccole e grandi, e si sia prestato a prelevare ulteriore ricchezza da chi vorrebbe anche crearne, e questo solo per consentire ai Principi e ai loro numerosi cortigiani di mantenere, per ancora qualche mese, gli agi a cui sono abituati.


Paolo Troiano
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano

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