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OPINIONI

La lotta all’evasione si fa mirando giusto

Stando alle statistiche, gran parte dei rilievi sollevati dal Fisco è sbagliata: un esempio di come dovrebbero andare le cose arriva, invece, dall’Inghilterra

/ Giampiero GUARNERIO

Lunedì, 16 aprile 2012

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Pubblichiamo l’intervento di Giampiero Guarnerio, Delegato per Milano dell’A.N.D.C. – Associazione Nazionale Tutela Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.

In un precedente intervento (si veda “Per mettere bollini blu bisogna prima averli”), ho evidenziato come dalle statistiche sul contenzioso tributario emerga che, nel merito, il contribuente ha ragione più frequentemente dell’Amministrazione finanziaria (47,8% contro 39%, il complemento a 100 è da spartire tra le due parti). Tale dato, unito all’elevato numero dei ricorsi, sembra evidenziare un atteggiamento persecutorio da parte dell’Amministrazione finanziaria verso i contribuenti onesti. Richiamavo anche il fatto che la stessa Amministrazione, che dovrebbe agire in modo imparziale, finisca per tradire la sua missione.

Forse tale atteggiamento è indotto da incentivi assegnati in proporzione diretta con le riscossioni (è come dare ai vigili una provvigione sulle multe fatte, o ai PM un bonus sugli anni di galera comminati), dalla “irresponsabilità” in caso di accertamenti infondati e dal timore di ricevere rilievi disciplinari per non aver promosso contestazioni. Si potrebbe obiettare che l’elevato livello di contestazioni derivi da un livello eccessivo di evasione fiscale in Italia, o che un simile quadro di litigiosità sia comune all’esperienza di altri Paesi.

Quanto all’evasione fiscale, in realtà, non siamo messi poi così male come noi stessi ci dipingiamo. L’ISTAT (cfr. “Economia non osservata e flussi finanziari” – versione 14 giugno 2011 – pag. 93) evidenzia un “tasso di evasione” che oscilla tra il 13,5 e il 15,5%. Altre statistiche (cfr. “Closing the European Tax Gap”, studio comparato commissionato dal gruppo Socialdemocratico del parlamento europeo) riportano un dato superiore (27% contro una media non ponderata dei paesi Ue del 22%). Tuttavia, considerando che il calcolo del PIL viene fornito dal nostro istituto statistico, e che lo stesso PIL utilizzato nello studio comparato contiene la stima dell’economia sommersa fornita dall’ISTAT, riteniamo più coerente il dato nostrano. Se così fosse, saremmo addirittura sotto la media europea.

Quanto alla litigiosità, osservo che nel sito internet del Fisco inglese è disponibile uno studio statistico comparato (“International tax benchmarking”) relativo alle Amministrazioni finanziarie. Vi hanno partecipato 10 nazioni anche extra-europee. Tra i dati interessanti, si nota la percentuale di verifiche fiscali generali verso le PMI che si sono concluse con un incremento del reddito dichiarato: queste oscillano da un minimo del 28,6% della Polonia e del 32,3% della Francia a un massimo del 73,4% della Spagna. Il Regno Unito è al 46,1%, e la media appare intorno al 60%. Nella mia personale esperienza, non ricordo un solo caso in cui una PMI italiana sia passata indenne da una verifica fiscale generale. È perché evadono tutte? Stento a crederlo.

Come sopra ricordato, le statistiche del MEF sul contenzioso tributario attestano che una buona parte dei rilievi sollevati dal Fisco è errata. In effetti, se il tasso di positività delle verifiche generali in Italia scendesse dal livello attuale del 100% (dato da me ipotizzato sulla base di un’esperienza professionale più che ventennale, dal momento che una statistica sul punto è introvabile) ad un 65%, scremando quegli accertamenti che con una “capacità tecnica” media appaiono ictu oculi infondati, probabilmente verrebbe tagliata una certa massa di “contenzioso inutile” senza che l’Erario perda un euro di gettito. E si indurrebbe un rapporto molto più armonico con i contribuenti onesti. L’enorme numero di liti fiscali aperte (300.000 l’anno, con una giacenza di 920.812 al 31 dicembre 2010) conferma l’eccesso di contestazioni e la rilevanza dei casi di contribuenti ingiustamente accertati.

Un dato su tutti appare significativo e curioso. L’HMRC inglese deposita un vero e proprio bilancio, reperibile nel sito internet. Al punto 10, è riportata la “Provision for liabilities” – sottoparagrafo 10.1 “Taxes subject to challenge” (sì, avete capito bene: come qualsiasi azienda, accantona un fondo rischi per le pendenze tributarie con i contribuenti). Il dato al 31 marzo 2011 ammonta a 4.381 milioni di sterline (pari a 5.257 milioni di euro). Il valore delle liti pendenti italiane non è riportato ma, considerato che il valore medio delle liti 2010 (pag. 125 rapporto MEF) è di 151.000 euro, lo stock in valore del nostro contenzioso ammonta alla ragguardevole cifra di (151.000 x 920.812) 139.042.612.000, cioè circa 26,45 volte più grande di quello inglese.

Non sarà un caso che il Fisco inglese dedichi ai funzionari dell’Amministrazione finanziaria un manuale di 45 pagine che, in uno dei capitoli più interessanti, intitolato “all or nothing”, affronta l’ipotesi in cui il funzionario si trovi davanti ad una potenziale rettifica che non ammette mezzi termini: o ha ragione il Fisco, e allora la ripresa ci sta tutta, o ha ragione il contribuente, e la ripresa non va effettuata. Anche in simili casi il manuale sollecita il funzionario a confrontarsi meglio coi propri colleghi (review/discussion) e a verificare la conclusione iniziale, in contraddittorio con il soggetto verificato (chiamato “customer”) per esplorare se invece può essere trovata una soluzione.

La lotta all’evasione si fa anche mirando giusto. Altrimenti, il cittadino onesto si sente tradito e incentivato a comportarsi di conseguenza.

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