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LETTERE

E se i nostri leader fossero stati sostituiti con dei marziani?

Venerdì, 25 maggio 2012

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Caro Direttore,
ho trovato la spiegazione del perché non si stia facendo pressoché nulla di serio per uscire dalla crisi attuale. Eccola: un gruppo di alieni ha rapito tutti i nostri leader e li ha sostituiti con dei marziani, ai quali sono state date le fattezze dei primi ma non, ovviamente, la loro memoria storica. Solo così riesco a spiegarmi come mai sento dire, da chi ha avuto la responsabilità della forza politica al Governo fino a pochi mesi fa, che occorre fare le dismissioni, tagliare la spesa e, quindi, le imposte. Ora lo dice? Ma non poteva farlo quando stava al Governo il suo partito? Lì per lì, mi viene il sospetto che ci prendano per il naso, ma mi sbaglio: loro sono in buona fede, solo che sono marziani arrivati di fresco.

Solo così riesco a spiegarmi come mai sento dire, da chi ha la responsabilità della vigilanza sui mercati finanziari, che occorre dire basta “alla dittatura dello spread, vista come ostacolo alle aspirazioni dei popoli. I cittadini non accettano di pagare su scelte su cui non sono chiamati a decidere”. Lo dicevano anche nel ’68: basta con la dittatura dei voti, sono un ostacolo alle aspirazioni degli studenti (andare a ballare, a divertirsi, bighellonare). Allora volevano il “6 politico”: per quanto uno fosse asino, la sufficienza era vista come un diritto inalienabile. Ora vogliono lo spread politico: per quanto il bilancio pubblico faccia acqua da tutte le parti, chi presta soldi allo Stato sovrano deve accettare lo spread imposto. Quanto a dire che nessuno voglia pagare il conto di scelte sulle quali non è chiamato a decidere, è una cosa sacrosanta: peccato che la protesta, invece di venir rivolta contro i mercati (che non hanno certo deciso le politiche spendaccione, sprecone e corrotte di questi ultimi vent’anni), andrebbe indirizzata verso chi le ha decise e attuate. Anche qui mi viene il sospetto che ci prendano per il naso, ma mi sbaglio: loro sono in buona fede, solo che sono marziani arrivati di fresco, e di finanza non se ne intendono molto.

Solo così riesco a spiegarmi come mai le libere professioni siano attualmente oggetto di un attacco senza precedenti, da parte di chi avrebbe la responsabilità di vigilare su di esse, e come mai sento dire che la loro regolamentazione (e, talora, la loro stessa esistenza) è un freno a competizione, sviluppo, crescita. Peccato che a Singapore, santuario del libero mercato, della crescita e dello sviluppo, all’inaugurazione del congresso IFAC dei piccoli e medi studi professionali di commercialisti, abbia sentito dire, nientemeno che dal Presidente della Commissione Economia e finanze del loro Parlamento (e posso assicurare che la gentile signora era assolutamente sobria), che “Singapore conta sulle libere professioni come driver per la crescita, anche per il ruolo da queste svolto nel supportare lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle PMI”. Ancora una volta, mi viene il sospetto che da noi ci prendano per il naso, ma mi sbaglio: i nostri sono in buona fede, solo che sono marziani arrivati di fresco e di economia, evidentemente, non se ne intendono molto.

Solo così riesco a spiegarmi come mai sento, ripetute all’ossessione come un mantra, le espressioni “rigore e crescita” e “rigore con equità”, quando vedo solo misure di rigore e nessuna (seria) per la crescita, e quando vedo un rigore che è ispirato a tutto meno che all’equità: imposte selettive, discriminatorie, in violazione dello Statuto del contribuente e degli stessi principi costituzionali e del diritto dell’Unione europea. Il mio maestro mi diceva: “Diffidi di chi parla troppo spesso di etica o di equità: quasi sempre sono i peggiori. I migliori l’etica e l’equità la praticano, senza parlarne”. Ho talmente fatto tesoro dell’insegnamento, che pure come delegato alla Deontologia cerco accuratamente di usare questa parola il minimo indispensabile. Ora, quando mi parlano di equità, comincio a preoccuparmi, perché temo che cerchino di farcela prendere nel conto economico, e purtroppo il mio sospetto non è affatto infondato. Questa è equità? Non sarà che ci prendono per il naso? No, mi dico, non è così: i nostri sono in buona fede, solo che sono marziani arrivati di fresco e di equità, evidentemente, non se intendono molto.

Qualcuno potrebbe dire, indignato, che tutte le favolette che ci vengono raccontate ogni giorno non andrebbero dette perché non sono “discorsi seri”. Ebbene, si sbaglia, perché non riesce a capire che stiamo vivendo nell’“era di mezzo”, di transizione: dal Governo dei partiti al Governo dei tecnici e, a quanto pare, finiremo presto con il Governo dei comici. I politici più scaltri se ne sono accorti e si preparano a riciclarsi per l’ennesima volta: l’avete mai visto un comico che dice cose serie? Il comico, per dovere deontologico, non deve dire cose serie, altrimenti non è un comico. E quindi i nostri marziani sono già pronti: dicendo appunto cose non serie, potranno sostenere che loro erano comici sin dalla prima ora. Di questo scenario molti si preoccupano ma, alla fine, se quelli di ieri ci facevano piangere, e quelli di oggi ci stanno portando alla depressione (non solo economica), forse quelli di domani, quantomeno, ci faranno ridere.


Stefano Marchese
Consigliere CNDCEC delegato alla Deontologia

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