La vicenda dello spesometro lascia senza parole, ma con molte perplessità
Gentile Direttore,
dopo il comunicato stampa dell’Agenzia sullo spesometro, direi che abbiamo toccato il fondo. Ormai la legge è superata dall’Amministrazione finanziaria, che decide come meglio crede. In questo caso, l’Agenzia delle Entrate, mentre da un lato concede ufficialmente proroga per gli intermediari finanziari (e solo per loro), per il resto del mondo dà una specie di consiglio amichevole che si chiama “finestra temporale”, come a dire: “La scadenza è sempre quella, ma se ce lo mandi in ritardo ci sta che chiudiamo un occhio”.
A tanto siamo arrivati. Io non ho più parole. Se ne ha lei, gentile Direttore, mi piacerebbe le condividesse.
Per il resto si conferma, da un lato, l’arroganza di uno Stato che legifera in barba allo Statuto del contribuente, senza tener conto di chi tali adempimenti li subisce; dall’altro lato, la debolezza di una categoria – la nostra – totalmente incapace di influenzare le decisioni che la riguardano direttamente e che riguardano l’intero sistema-impresa.
E come potrebbe essere altrimenti? Il nostro Consiglio nazionale non esiste da oltre un anno. A proposito, mi associo alle perplessità dei colleghi che mi hanno preceduto in merito alla quota annuale: abbiamo pagato la quota annua associativa di 150 euro (e la pagheremo anche per il 2014) in mancanza di un Consiglio funzionante. Esattamente, a che titolo versiamo (verseremo) questo obolo? Esiste una spiegazione ufficiale, al di là dei tecnicismi? Mi pare che i fondamenti giuridici per chiedere il versamento della quota siano, in questo momento, inesistenti. O sbaglio?
Federico Sarti
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Prato
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Gentile lettore,
con la sua, chiudiamo il ciclo delle lettere dedicate alla triste vicenda dello spesometro. Ne sono arrivate moltissime, tutte originali e interessanti. Ci scusiamo con gli autori se, per ragioni di spazio, siamo riusciti a pubblicarne solo alcune.
Dal nostro personalissimo punto di vista, l’unica nota positiva in questa – ripeto – triste vicenda, è che Eutekne.info continua a essere il più autorevole luogo di confronto e di dibattito della categoria dei commercialisti e, certamente, l’unico indipendente. Tutto ciò malgrado i numerosi tentativi di imitazione.
Per il resto, non c’è molto da aggiungere a quello che è stato scritto. Mi sembra abbastanza evidente che la situazione che si è creata sia frutto, in primo luogo, della scarsa sensibilità della politica verso le tematiche tecniche. Non solo il legislatore, ma addirittura l’Esecutivo, sembrano aver rinunciato a svolgere il loro ruolo, delegando ogni scelta tecnica più o meno implicitamente all’Agenzia delle Entrate.
Senza voler entrare in un dibattito che non mi compete, mi sembra opportuno tenere presente che il decreto istitutivo dell’Agenzia demanda all’Agenzia stessa l’accertamento, la riscossione e il contenzioso tributario, lasciando intendere che la competenza sull’emanazione di atti regolamentari sia del MEF. Su questo tema, sarebbe opportuno aprire un serio e pacato dibattito, anche perché non si può lasciare che sia una delle due squadre in campo a scrivere una parte rilevante delle regole del gioco.
In secondo luogo, la colpa è delle associazioni imprenditoriali, a volte più interessate a ottenere vantaggi di “cortile” che a condurre una battaglia per la riduzione della burocrazia e dei costi delle imprese. Se vogliamo dirla tutta, un adempimento per un professionista è occasione di lavoro, magari difficile da farsi pagare, ma pur sempre lavoro. Sono le imprese quelle che dovrebbero opporsi con veemenza, mentre i commercialisti sono lasciati completamente soli a evidenziare incongruenze e storture.
Da ultimo, certamente, la colpa è anche dei vertici della categoria dei commercialisti, mancanti, e quindi degli effetti nefasti della competizione elettorale. Qui però, e lo dico a rischio di essere tacciata di accondiscendenza, bisogna stare attenti a non “abbaiare alla luna”. I commercialisti sono 115.000 e hanno una manciata di parlamentari, non tutti con la stessa consapevolezza e lo stesso senso di appartenenza. In politica contano i numeri, in Parlamento e nelle cabine elettorali. Né in un caso, né nell’altro mi sembra che si possa fare più di tanto la voce grossa.
L’unica strada percorribile, e peraltro compatibile con una drastica riduzione delle quote al CNDCEC, è quella di porsi come interlocutore tecnicamente (e moralmente) d’eccellenza. Non è semplice, perché basta un singolo episodio per distruggere il lavoro di un’intera collettività. Al momento, però, non mi sembra che vi siano molte valide alternative.
Michela Damasco
Direttore Eutekne.info
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