Con le «nuove» dichiarazioni d’intento in realtà non cambia nulla
Gentile Direttore,
premesso che decenni di pratica professionale mi hanno reso sempre meno incline a polemizzare, soprattutto quando l’interlocutore (legislatore, istituzione, amministratore controparte, o ancor più conferente qualche incarico) non è in grado di intendere ragione, vorrei partecipare ai Colleghi il mio profondo disagio di fronte a una questione del tutto “marginale”. Così marginale da diventare, a mio modesto avviso, addirittura “emblematica”.
Si tratta delle “dichiarazioni d’intento” (essendo sostanzialmente un “buono” non mi sogno neppure di parlare dei modelli Intrastat, visto che anche i bambini ne hanno già chiara cognizione!). Vorrei condividere con voi le ragioni che le rendono “emblematiche”, nella speranza di trarne qualche considerazione “utile”.
La modifica alla procedura decorre dopo i canonici 60 giorni dalla deliberazione, secondo la previsione dello Statuto del contribuente; sarebbe un fatto positivo se, nel contempo, non si fosse modificata (oltre a ben altro!) l’applicazione del nuovo regime fiscale dell’ACE per le società di persone e le imprese individuali addirittura con effetto retroattivo di un anno.
Si tratta ovviamente di una “presa in giro” che avrebbe dovuto suscitare (sempre a mio modesto avviso) una reazione ben più incisiva del tanto sbandierato “lunghissimo sciopero” che tutti noi sapevamo benissimo che non sarebbe mai stato attuato!
Mi sono permesso fin da subito (e perché aspettare il 1° marzo 2017? Solo per raddoppiare le incombenze e magari gli addebiti ai clienti?) di consigliare ai miei clienti di indicare un “importo doppio di quello dell’ammontare degli acquisti dell’anno 2016”.
Apprendo proprio oggi che l’Agenzia delle Entrate è stata ancora più “magnanima”! L’importo indicato nelle dichiarazioni d’intento “non ha alcun limite”, nemmeno quello del plafond!
Tradotto: la modifica della procedura non ha alcuna reale funzione ed è del tutto inutile!
Qualcuno (a Roma?) ha pensato di “arrestare i mariuoli” restando comunque seduto alla sua scrivania! Trasferendo doveri e obblighi agli altri! Cioè ai “mariuoli” e ai loro “complici anch’essi mariuoli” che, “spaventati”, avrebbero “messo la testa a posto”! Poi ci ha ripensato e ha ritenuto che la nuova procedura potesse essere del tutto equivalente della vecchia... indicare un “limite impossibile” (accettato dall’Agenzia delle Entrate) è esattamente equivalente a indicare “nessun limite” (cioè quello che si faceva senza patemi d’animo fino al 2016). Il “tanto rumore per nulla”, comunque, qualche conseguenza l’ha avuta!
Presi in giro prima, presi in giro ora... saremo presi in giro chissà quante altre volte in futuro e quindi rassegniamoci!
Però... Non sarebbe bello che l’“inventore” della modifica (dirigente, funzionario, consulente del Ministero o dell’Agenzia) venisse identificato, prendendo le opportune decisioni conseguenti? Tanto per parlare chiaro: dimissioni, rimborso del danno (ai cittadini in primis e all’immagine del legislatore e dell’Agenzia!) e assoluto divieto di ulteriori prestazioni alla Pubblica Amministrazione! Sarebbe un bel precedente!
Su questa scia (non quella “patetica” del MISE!), si potrebbe pensare poi di porsi domande rispetto anche a qualche istituzione contabile che, non potendo legiferare, ha trasformato il legislatore in contabile, entrambi non conoscendo bene la lingua e il mondo che la usa.
Non vorrei essere troppo ottimista, ma pare che qualcuno stia anche muovendo critiche, non dico “aperte”, ma un “po’ meno velate”, a chi dovrebbe forse prestare orecchio a qualche “non infondata critica”.
Luigi Vassena
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Monza e Brianza
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