La fusione che liquida la partecipata estera senza tenere una stabile è lecita
Niente risparmio d’imposta né erosione se l’incorporata estera non ha posizioni riportabili in Italia e il valore d’ingresso è quello del valore normale
La fusione transfrontaliera mediante la quale una società italiana incorpora una propria controllata estera, senza che all’estero permanga alcuna stabile organizzazione, è un’operazione che, se l’incorporata estera non presenta posizioni fiscali riportabili in Italia (quali perdite fiscali pregresse non recuperabili all’estero perché appunto non permane una stabile organizzazione) e se si parte dal presupposto che il valore di ingresso in Italia delle attività e passività estere è quello del valore normale, non determina a priori alcun risparmio di imposta per l’incorporante residente, né quindi può tanto meno determinare una erosione di base imponibile per l’ordinamento italiano.
Questo l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate, in occasione
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