Caradonna: «Serve compattezza per affermare le nostre competenze»
La Presidente dell’ODCEC di Milano chiede al Consiglio nazionale un cambio di strategia e ai sindacati meno polemiche «esterne»
“Se continua così, mi verranno i capelli bianchi”. Comincia così la chiacchierata di Eutekne.info con Marcella Caradonna, Presidente dell’ODCEC di Milano, alle prese, da un lato con la fatturazione elettronica e le altre novità normative, dall’altro, con le discussioni interne alla categoria incentrate sui “problemi” di rappresentanza.
Presidente, partiamo dalle difficoltà legate alla fatturazione elettronica. Che riscontri avete dal territorio?
“È un cambiamento significativo e dire che non ci siano difficoltà significa negare l’evidenza. Ovvio che i problemi non riguardano le grandi aziende, ma anche a Milano ci sono tantissime piccole realtà che, in un momento di confusione, si sono ritrovate a dover affrontare anche questo cambiamento. Da parte nostra, stiamo cercando di affiancare il più possibile i colleghi. Abbiamo fatto delle FAQ e un forum dedicato al confronto”.
Il Presidente del CNDCEC Miani ha spiegato che tra i commercialisti c’è la paura di essere un po’ abbandonati con l’avanzare della tecnologia, che permetterà di disintermediare il rapporto tra Fisco e contribuenti. C’è davvero questo rischio?
“Io sono convinta che mai come in questo momento ci sia bisogno di noi, perché siamo il collante tra un Fisco sempre più complesso e la realtà economica. Non finisce tutto con la fatturazione elettronica e le dichiarazioni precompilate. Ci sono i bilanci e le scelte che hanno delle ripercussioni a livello fiscale e giuridico-civile”.
A proposito di dichiarazioni precompliate, si parla della possibilità che vengano eliminate le sanzioni per gli intermediari sui 730?
“Una misura che sollecitavamo da tempo e che definirei sacrosanta. Anche perché l’esperienza di questi anni ci dice che la maggior parte dei precompilati vanno ricontrollati da un professionista”.
Da una misura “positiva” ad una che invece è stata vissuta male dalla categoria: l’abilitazione dei consulenti del lavoro alle procedure concorsuali. Cosa ne pensa?
“Il rischio è che si crei un po’ di confusione. Ho il massimo rispetto per i consulenti del lavoro e per le competenze che hanno. Ma nel momento in cui si va ad ampliare il numero di soggetti abilitati a svolgere funzioni cosi delicate, bisognerebbe tenere ben presente le competenze. Lei chiederebbe a un fisioterapista di fare l’ostetrico?”
Deve essere considerata una sconfitta da imputare al CNDCEC?
“Penso che delle criticità nel dialogo con le istituzioni ci siano. Non sono d’accordo, però, sulle polemiche esterne. Se dobbiamo dire qualcosa, dobbiamo farlo all’interno della categoria per andare nella direzione giusta. Auspico che ci sia un dibattito interno per rivedere le strategie e correggere il tiro. Ma strumentalizzare il provvedimento per un attacco mediatico al Consiglio azionale mi lascia perplessa”.
Si riferisce a qualcuno in particolare?
“Mi pare si sia creata un’atmosfera in cui sembra che le istituzioni, il Consiglio nazionale e gli Ordini, sono gli enti datoriali e i sindacati i rappresentanti dei lavoratori. Questa la trovo una patologia, che ci indebolisce molto e andrebbe analizzata da entrambe le parti. Alcune realtà forse non hanno ben compreso che siamo tutti sulla stessa barca. Se c’è da discutere al nostro interno, facciamolo, ma quando poi parliamo all’esterno bisogna pensare al bene della categoria, nel rispetto dei propri ruoli. Certo, se ci sono sindacati che vogliono fare politica di categoria, magari pensando alle prossime elezioni, allora motivi di dialogo mi pare ce ne siano pochi”.
Riguardo alla strategia della categoria, invece, secondo lei come dovrebbe cambiare?
“Forse andrebbe fatto uno sforzo maggiore per far capire i percorsi e le competenze che ci sono e che molto spesso sono dimenticate. Le scelte che vengono fatte dal legislatore non sono in relazione alle competenze ma basate su altre dinamiche. Bisogna riportare la barra dritta su chi è il commercialista”.
Magari anche chiedendo delle esclusive?
“Più che di esclusive, parlerei di riserve. Ci sono una serie di aree estremamente delicate a livello sociale che devono essere tutelate non per rafforzare noi ma per tutelare chi usufruisce di questi servizi. Altrimenti diventa solo un discorso di lobby. Se si pensa che la riserva venga chiesta per sé stessi non va bene. Se, invece, è un discorso di tutela della collettività, come già fatto in tanti altri ambiti, il discorso è diverso”.
Restando sulla riforma della crisi d’impresa, l’aumento delle srl obbligate alla nomina del collegio sindacale potrebbe essere un’opportunità, magari per i più giovani?
“Potrebbe esserlo nel momento in cui verranno ben definite le responsabilità e i compensi. La crisi d’impresa accentua le responsabilità del collegio sindacale. Se non si delimitano bene, il ruolo di sindaco in contesti piccoli, dove la remunerazione è bassa e il rischio alto, verrà ricoperto solo da quei soggetti che non hanno nulla da perdere”.
Chiudiamo con l’attività del suo Ordine. Su cosa vi concentrerete nel prossimo futuro?
“Abbiamo iniziato un percorso, assieme agli altri Ordini, per affermare la presenza delle libere professioni sul territorio e far capire quanto possano essere importanti per lo sviluppo di un contesto. All’interno, invece, lavoreremo per restare vicini ai colleghi, non solo riguardo alla fatturazione elettronica. Abbiamo, ad esempio, aperto un gruppo Facebook con l’INPS, in modo che i colleghi possano dialogare direttamente. Ci sono altri canali di dialogo e confronto. L’Ordine deve essere un punto di riferimento anche per fare sì che il futuro riservi delle opportunità”.