Giudici altalenanti sugli effetti della mancata attestazione di conformità dei PDF
La tesi più aderente al dato normativo è la radicale inammissibilità, ma non è priva di censure
L’art. 25-bis comma 5-bis del DLgs. 546/92, in vigore dal 13 giugno 2025 e dopo le modifiche del DLgs. 81/2025, stabilisce: “Gli atti e i documenti del fascicolo telematico non devono essere nuovamente depositati nelle fasi successive del giudizio o nei suoi ulteriori gradi. Il giudice non tiene conto degli atti e dei documenti su supporto cartaceo dei quali non è depositata nel fascicolo telematico la copia informatica, anche per immagine, munita di attestazione di conformità al documento analogico detenuto dal difensore”.
In relazione a ciò, è possibile effettuare le seguenti considerazioni:
- l’attestazione di conformità dei documenti caricati sul SIGIT in PDF dopo la scannerizzazione riguarda il documento cartaceo detenuto dal difensore o dal funzionario e, ad esempio, a questi trasmesso dal cliente/contribuente per mail o tramite consegna manuale (non serve che il difensore o il funzionario possiedano l’originale del documento);
- l’attestazione non serve per i documenti c.d. nativi digitali, come l’atto impugnato se notificato per PEC, i documenti scaricati da Entratel o la corrispondenza elettronica (C.G.T. I Ragusa 20 gennaio 2025 n. 43/3/25);
- non ci sono forme particolari né termini per depositare l’attestazione, quindi o si carica a sistema, unitamente alla costituzione in giudizio/deposito della memoria o delle controdeduzioni o al deposito dei documenti in via separata, un file in cui si attesta la conformità, o semplicemente si appone l’attestazione nell’atto processuale in cui si elencano i documenti (magari in calce al ricorso, alla memoria o alle controdeduzioni). Sul tema non ci sono ancora orientamenti precisi, comunque qualsiasi interpretazione “formalistica” a nostro avviso è da rigettare;
- la radicale mancanza dell’attestazione di conformità conduce, in base al dato letterale, all’inutilizzabilità del documento.
Proprio su quest’ultimo aspetto la prima giurisprudenza occupatasi del tema è altalenante.
Una prima corrente di pensiero, a dire il vero in aderenza a un’interpretazione letterale dell’art. 25-bis comma 5-bis del DLgs. 546/92, ritiene che la mancata attestazione di conformità conduca all’inutilizzabilità del documento (C.G.T. I Lucca 25 marzo 2025 n. 104/1/25, C.G.T. I Napoli 10 marzo 2025 n. 4306/24/25 inerente alla documentazione sulla notifica di atti impositivi).
Altra giurisprudenza, valorizzando nella sostanza il diritto di difesa, sostiene che non basta la semplice mancanza dell’attestazione di conformità, dovendo la parte disconoscere espressamente la veridicità del documento motivandone la ragione (C.G.T. I Cuneo 20 dicembre 2024 n. 341/2/24, C.G.T. I Ragusa 20 gennaio 2025 n. 43/3/25, C.G.T. I Latina 24 marzo 2025 n. 424/2/25, C.G.T. I Messina 27 marzo 2025 n. 1770/9/25).
Viene richiamato l’art. 22 comma 3 del DLgs. 82/2005, secondo cui “Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle Linee guida hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta”.
Alla fine, il rispetto dell’art. 25-bis comma 5-bis del DLgs. 546/92 si sostanzia in una dicitura contenuta in un file separato o nel corpo del ricorso o della memoria, in cui semplicemente si attesta la conformità dei files depositati ai documenti detenuti.
È davvero difficile accettare che la mancanza di ciò conduca all’inutilizzabilità del documento.
Per salvaguardare la difesa (sia del contribuente, sia della parte pubblica), nulla vieta che il giudice rinvii l’udienza in modo che il difensore o il funzionario carichino a sistema la tanto sospirata “attestazione di conformità” in precedenza non depositata. O, volendo considerare ogni ipotesi, che si permetta al difensore oppure al funzionario di caricarla direttamente in udienza in modo da evitare il rinvio, se non si ritiene sufficiente una attestazione orale verbalizzata dal segretario, che acquisterebbe peraltro “pubblica fede”.
Oppure, sulla scia di quanto affermato dalla giurisprudenza citata, si può richiamare il principio alla base dell’orientamento relativo all’attestazione di conformità tra ricorso notificato e ricorso depositato, inerente all’art. 22 comma 3 del DLgs. 546/92: “In caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio postale la conformità dell’atto depositato a quello consegnato o spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente. Se l’atto depositato nella segreteria della commissione non è conforme a quello consegnato o spedito alla parte nei cui confronti il ricorso è proposto, il ricorso è inammissibile e si applica il comma precedente”.
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