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Legittima la restituzione dal fornitore dell’addizionale all’accisa sull’energia elettrica

La Cassazione ha esaminato gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale sulle cause di rimborso pendenti

/ Diego ZUCAL

Sabato, 5 luglio 2025

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Nelle cause di rimborso dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, che vedono contrapposto il cliente al fornitore di energia, i giudici di legittimità, nella sentenza n. 16992/2025, hanno sancito il seguente principio: “in tema di rimborso dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, il consumatore finale, che ha corrisposto al fornitore di energia, a titolo di rivalsa, tale imposta, poi dichiarata in contrasto con il diritto eurounitario, può agire nei confronti del detto fornitore mediante l’azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., in considerazione del carattere indebito di tale imposta, stante la illegittimità costituzionale dell’art. 6 comma 1, lett. c), e comma 2, d.l. n. 511 del 1988, come convertito e sostituito”.

Si tratta di principio che sancisce in via definitiva l’irrilevanza dell’eccezione secondo cui, nei giudizi inter privatos (consumatore finale/fornitore), non sarebbe invocabile l’efficacia della direttiva n. 2008/118/Ce, e in particolare dell’art. 1 par. 2, a mente del quale “gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purché tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l’imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell’imposta (...)”.

Nei giudizi di rimborso dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, azionati ex art. 2033 c.c. dal cliente finale nei confronti del fornitore, sovente il convenuto (fornitore) eccepiva che, anche laddove fosse stato appurato il contrasto fra la disposizione sulle addizionali (art. 6 del DL 511/88) e la norma unionale (art. 1 par. 2 della direttiva 2008/118/Ce), nondimeno il giudice civile non avrebbe potuto disapplicare, in un giudizio fra privati, il diritto nazionale. E in verità la Suprema Corte (da ultimo, Cass. n. 24373/2024), quando, in materia di addizionale all’accisa, ha disapplicato la normativa italiana – perché ritenuta in contrasto con la direttiva n. 2008/118/Ce o con l’interpretazione della stessa fornita dalla Corte di Giustizia – lo ha fatto nell’ambito di un rapporto sostanziale e processuale tra il privato e lo Stato.

La Corte di Giustizia dell’Ue per costante giurisprudenza ha, infatti, stabilito che le direttive possono essere invocate dagli individui nei confronti degli Stati membri o di organi della sua amministrazione, ma non in una lite fra privati (Corte di Giustizia Ue 8 ottobre 1987, causa C-80/86, 26 settembre 1996, causa C-168/95 e 11 aprile 2024, causa C-316/22). L’effetto delle direttive, quindi, è di tipo verticale, giammai orizzontale, salvo che il diritto interno disponga diversamente.
Sulla scorta di tale argomento, peraltro, il Tribunale di Udine, con l’ordinanza n. 20 del 30 dicembre 2021, aveva sollevato incidente di costituzionalità, rilevando che “pure ammettendo che l’art. 1, par. 2, direttiva 2008/118/CE possiede i requisiti richiesti dalla C.G.U.E. per produrre effetti diretti, essa non potrebbe condurre alla disapplicazione della normativa nazionale in tema di addizionale nella presente controversia”.

Sul punto si è, da ultimo, pronunciata la Consulta che, con la sentenza n. 43/2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma istitutiva dell’addizionale all’accisa sull’energia elettrica (art. 6 comma 1 lett. c) e comma 2 del DL 511/88). Nella citata pronuncia la Corte Costituzionale ha altresì stabilito che “solo in caso di accoglimento della questione sollevata, infatti, il giudice a quo potrebbe condannare il fornitore (che potrà, a sua volta, rivalersi nei confronti dello Stato) alla ripetizione dell’indebito, dato l’effetto ex tunc, salvo per i rapporti esauriti, della sentenza di questa Corte che dichiari costituzionalmente illegittima l’addizionale in questione”.

Siffatta affermazione è stata condivisa dalla Cassazione nella decisione qui in esame (n. 16992/2025) che, stante l’effetto ex tunc delle pronunce costituzionali in materia tributaria (salvo specifiche eccezioni), ha implicitamente confermato la legittimità del seguente schema: ripetizione indebito del cliente al fornitore; richiesta di rimborso del fornitore all’Erario.

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