Amministratore responsabile verso il creditore se non prova che l’operazione «nuova» è a fini liquidatori
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 6893/2023, ha stabilito che, in caso di scioglimento di una srl per perdita integrale del capitale sociale (ex art. 2484 comma 1 n. 4 c.c.), la responsabilità dell’amministratore nei confronti del terzo creditore per il compimento di atti gestori non finalizzati alla conservazione del patrimonio sociale è integralmente disciplinata dall’art. 2486 c.c.
A tale norma possono applicarsi i criteri interpretativi elaborati dalla giurisprudenza con riferimento all’art. 2449 c.c. “ante riforma”, secondo i quali, pur avendo natura extracontrattuale, la responsabilità in considerazione non può essere ricondotta allo schema generale di cui all’art. 2043 c.c. Infatti, la violazione, da parte dell’amministratore, del divieto di compiere “nuove operazioni” non costituisce un “fatto illecito” nel senso voluto dalla norma da ultimo citata, atteso che l’amministratore agisce pur sempre in qualità di organo investito della rappresentanza della società.
Ne consegue che, ai fini della responsabilità in questione, i creditori della società:
- non sono tenuti a provare la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa dell’amministratore, essendo sufficiente la sua consapevolezza dell’evento comportante lo scioglimento della società;
- devono provare il compimento di atti negoziali in data successiva al verificarsi della causa di scioglimento.
Per contro, spetta all’amministratore convenuto dimostrare che tali atti erano giustificati da finalità liquidatorie e di conservazione del patrimonio sociale.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41