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Domenica, 19 ottobre 2025

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Per le società di comodo, conta l’attività economica per il rimborso IVA

/ REDAZIONE

Giovedì, 31 luglio 2025

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Nell’ordinanza n. 21887/2025, la Corte di Cassazione ha nuovamente richiamato i principi della sentenza della Corte di Giustizia Ue (causa C-341/22) in materia di rapporto tra disciplina delle società di comodo e principi dell’IVA.
La Corte Ue aveva affermato, in estrema sintesi, che il mancato raggiungimento di soglie predeterminate di ricavi non poteva, di per sé, pregiudicare il diritto alla detrazione dell’IVA da parte di un operatore economico, mettendo un freno all’applicazione dell’art. 30 comma 4 della L. 724/94, secondo il quale il credito IVA è definitivamente perso qualora, per tre periodi di imposta consecutivi, una società non operativa effettui operazioni rilevanti ai fini dell’imposta per un importo inferiore a quello che risulta dalla applicazione delle percentuali del c.d. test di operatività (art. 30 comma 4 della L. 724/94).

Nel caso oggetto dell’ordinanza, una società esercente attività alberghiera era rimasta ferma, e quindi non aveva conseguito ricavi sufficienti a superare il test di operatività, perché l’immobile nel quale esercitava l’attività era sottoposto a sequestro penale.
La società aveva chiesto la disapplicazione della disciplina delle società di comodo (su cui si è pronunciata Cass. n. 13202/2024) e il rimborso dell’IVA a credito, con istanza respinta dall’Agenzia delle Entrate.

Il giudizio sula spettanza del rimborso era arrivato in Cassazione con una sentenza di secondo grado favorevole all’Agenzia delle Entrate, sulla base dell’assenza della dimostrazione, da parte della società, di specifiche situazioni oggettive che giustificassero il mancato raggiungimento delle soglie di ricavi richieste dalla norma.

La Suprema Corte, investita del caso, sulla scorta della menzionata sentenza della Corte Ue, ha cassato la sentenza di secondo grado in quanto ha omesso di valutare, nel merito, se la società ricorrente abbia esercitato un’attività economica o meno, essendo solo in quest’ultimo caso corretta l’applicazione delle penalizzazioni IVA. Il procedimento torna ora al giudice di merito, che dovrà stabilire se, nonostante il sequestro dell’immobile, la società abbia dunque esercitato un’attività economica tale da giustificare il diritto alla detrazione e la spettanza del rimborso richiesto.

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