Licenziamento via mail inefficace se l’indirizzo non è riferibile al lavoratore
Il datore di lavoro deve provare l’esistenza di un accordo col dipendente sull’utilizzabilità dell’indirizzo di posta elettronica nelle comunicazioni
Con la sentenza n. 469/2025, il Tribunale di Pavia si è espresso in materia di licenziamento comunicato tramite posta elettronica ordinaria: la comunicazione di licenziamento, motivato con la cessazione dell’attività di impresa, era stata trasmessa all’e-mail del lavoratore, ma non era stata sottoscritta dal datore di lavoro.
Il caso risulta interessante, in considerazione della sempre maggiore diffusione dell’utilizzo degli strumenti informatici per le comunicazioni ai lavoratori, oltre che della circostanza per cui l’intimazione del licenziamento tramite raccomandata con ricevuta di ritorno potrebbe comportare alcune criticità in caso di irreperibilità del lavoratore, sebbene, in ogni caso, valga la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., secondo cui la comunicazione di licenziamento si presume conosciuta nel momento in cui viene recapitata all’indirizzo del destinatario e non nel diverso momento in cui quest’ultimo ne prenda effettiva conoscenza (salvo che il destinatario provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia).
Le trasmissioni dei licenziamenti tramite posta elettronica sono state, in particolare, ritenute valide da parte della giurisprudenza, in quanto effettuate in forma scritta, con tuttavia alcune precisazioni.
Si ricorda il Tribunale di Aosta che, con la decisione n. 52/2018, ha affermato che la casella di posta elettronica così come il recapito telefonico ai quali sia inviata la comunicazione del licenziamento sono riconducibili alla nozione di indirizzo prevista dal citato art. 1335 c.c.
Anche la Cassazione, con la sentenza n. 29753/2017, ha ricordato quanto già chiarito con la pronuncia n. 23061/2007, vale a dire che il requisito della comunicazione per iscritto del licenziamento deve ritenersi assolto, in assenza della previsione di modalità specifiche, con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità, ritenendo tale requisito assolto in relazione a un caso in cui la società aveva trasmesso via mail, in allegato, l’atto di licenziamento e tale comunicazione era stata ricevuta dal lavoratore (come risultava da una serie di mail dallo stesso inviate ai colleghi).
Dalla sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 446/2020 si desume poi che la trasmissione del licenziamento attraverso strumenti informatici è valida se risulta in modo chiaro sia la provenienza dell’atto da parte del datore di lavoro, sia la volontà di quest’ultimo di recedere dal rapporto, e se il lavoratore ne abbia avuto effettiva conoscenza.
Il Tribunale di Pavia, con la sentenza in commento, ha posto l’accento sulla mancata sottoscrizione della comunicazione di licenziamento da parte del datore di lavoro e sulla non riferibilità in capo al lavoratore dell’indirizzo e-mail utilizzato, precisando tra l’altro, in merito a quest’ultimo aspetto, che quando la comunicazione del licenziamento sia trasmessa, come nel caso di specie, a un indirizzo di posta elettronica ordinario non riferibile al lavoratore il recesso non si perfeziona e, quindi, non produce alcun effetto.
Il giudice ha aggiunto che spettava al datore di lavoro provare, in questo caso, l’esistenza di un accordo con il lavoratore avente a oggetto l’utilizzabilità dell’indirizzo di posta elettronica, poi di fatto utilizzato, nelle comunicazioni, ma che tale prova mancava. Il licenziamento è stato così ritenuto inefficace.
Tale motivazione si collega alla sentenza n. 7480/2025 della Corte di Cassazione, riguardante il caso di un datore di lavoro che aveva trasmesso la comunicazione di licenziamento all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del legale presso il cui studio il lavoratore aveva eletto domicilio, come da procura rilasciata nell’ambito del procedimento disciplinare. In questa occasione, i giudici di legittimità avevano ritenuto che il licenziamento comunicato via PEC all’indirizzo dell’avvocato fosse da ritenersi legittimo, dato che il lavoratore aveva indicato tale recapito per la ricezione delle comunicazioni.
Nel caso trattato dal giudice di Pavia, tale indicazione da parte del dipendente – relativa all’indirizzo di posta elettronica cui fare riferimento per le comunicazioni – mancava. Inoltre, come sopra rilevato, il datore non aveva sottoscritto la comunicazione.
La pronuncia pone a questo punto un interrogativo, vale a dire se l’indirizzo e-mail del mittente – quindi, quello del datore di lavoro – fosse senza dubbio a lui ascrivibile. In tal caso, verrebbe da pensare che la sottoscrizione sarebbe stata ultronea, anche alla luce di quanto deciso in materia di licenziamento via SMS circa la rilevanza del difetto di contestazione sulla provenienza della comunicazione ai fini della validità del licenziamento (cfr. App. Firenze n. 629/2016).
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