Nullo il contratto di somministrazione a termine oltre i 24 mesi presso lo stesso utilizzatore
Può essere chiesta la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato anche nei confronti del solo utilizzatore
Con la sentenza n. 29577/2025, la Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di somministrazione di lavoro a tempo determinato, chiarendo come la reiterazione di missioni a termine dello stesso lavoratore presso il medesimo utilizzatore e per lo svolgimento di uguali mansioni sia soggetta al limite temporale complessivo di 24 mesi; il superamento di questo termine legittima il lavoratore a chiedere, anche solo nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
La controversia vedeva coinvolto un lavoratore inviato in missione, in forza di ben 47 contratti a termine, stipulati tra il 2015 e il 2019, presso la stessa utilizzatrice: nei confronti di quest’ultima, il dipendente aveva quindi domandato la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. I giudici di merito avevano accolto le doglianze del lavoratore e, a fronte di ciò, l’impresa aveva promosso ricorso in Cassazione sostenendo, tra le altre cose, che nessuna norma – ratione temporis applicabile – prevedeva che, in caso di superamento dei limiti temporali massimi della somministrazione a tempo determinato, il lavoratore potesse chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell’utilizzatore. Investiti della controversia, i giudici di legittimità rigettano le domande dell’impresa.
Richiamata la normativa che governa la materia, a partire dagli artt. 34 e 38 del DLgs. 81/2015, e ripercorrendo gli interventi legislativi da cui è stata interessata (in particolare, il DL 87/2018 e il DL 104/2020) la Corte si sofferma sull’analisi della fattispecie della somministrazione di manodopera, ponendo l’attenzione, in particolare, sul legame funzionale che collega le parti – l’agenzia di lavoro, l’utilizzatore e il lavoratore – nell’ambito del quale si colloca un rapporto di lavoro subordinato del lavoratore con l’agenzia e un rapporto commerciale tra quest’ultima e la società utilizzatrice.
Detti contratti, pur conservando ciascuno la propria causa e le rispettive caratteristiche tipologiche sono, spiega la Corte, funzionalmente collegati e finalizzati al raggiungimento di uno scopo unitario: quello di fornire lavoro subordinato flessibile a un soggetto che, pur non essendo formalmente il datore di lavoro, esercita i poteri di quest’ultimo. In forza di tale collegamento negoziale, l’estensione al lavoro somministrato delle previsioni dettate per il rapporto a termine deve essere regolata avendo ben presente il carattere “trilatero” della somministrazione, dovendo pertanto essere letta come riferita a tutti i segmenti che compongono la fattispecie della somministrazione a tempo determinato.
Quindi, in forza della normativa che regolamenta la somministrazione e il lavoro a termine, deve ritenersi imposto un limite massimo alla durata dell’impiego di uno stesso lavoratore in missione a termine presso la medesima impresa, sulla base di uno o più contratti, pari a 24 mesi.
Tale tesi è sorretta altresì da un’argomentazione di natura logica: essendo pacifico che l’agenzia non può legittimamente assumere un lavoratore da inviare in missione presso lo stesso utilizzatore con uno o più contratti a termine, oltrepassando il tetto dei 24 mesi, allo stesso modo l’utilizzatore non potrà legittimamente ricevere il medesimo lavoratore da adibire alle stesse mansioni sulla base di plurimi contratti commerciali, ove le missioni superino complessivamente il tetto dei 24 mesi.
Il limite di durata e il corrispondente divieto di oltrepassarlo si propagano, quindi, dal rapporto tra l’agenzia e il lavoratore a quello che lega l’agenzia all’utilizzatore, con la conseguenza che il vincolo di durata massima dell’assunzione a termine da parte dell’agenzia porta con sé la limitazione dell’impiego temporaneo dello stesso lavoratore in missione presso l’utilizzatore.
Detta lettura troverebbe ulteriore conferma nel dettato di cui alla direttiva 2008/104/Ce, così come elaborata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea; l’interpretazione fatta propria dai giudici di legittimità risponderebbe cioè all’obiettivo di garantire la temporaneità delle missioni successive presso lo stesso utilizzatore.
Da ciò discende che, superato il limite di 24 mesi, la somministrazione diviene irregolare e, in forza del disposto di cui all’art. 38 del DLgs. 81/2015, il lavoratore può chiedere la costituzione del rapporto alle dipendenze dell’utilizzatore sin dall’inizio della missione.
Diversamente, conclude la Corte, il limite di 24 mesi non opera per i lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’agenzia, che possono essere somministrati a tempo indeterminato (c.d. staff leasing). Sulla legittimità di questa fattispecie, pendono a oggi due procedimenti dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, in seguito a rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Reggio Emilia con ordinanza del 7 novembre 2024 e dal Tribunale di Milano con pronuncia del 14 gennaio 2025 (in senso contrario, cfr. Trib. Bari n. 3213/2025; si veda “Lo staff leasing non lede i principi eurounitari sulla somministrazione” del 13 ottobre).
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