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LAVORO & PREVIDENZA

Croupier non licenziabile in base alle riprese delle telecamere sul tavolo da gioco

Materiale raccolto inutilizzabile a fini disciplinari quando sia l’autorizzazione dell’Ispettorato, sia il contratto collettivo escludono l’utilizzabilità

/ Giada GIANOLA

Mercoledì, 26 novembre 2025

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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30822/2025, ha confermato l’inutilizzabilità a fini disciplinari del materiale raccolto mediante impianti audiovisivi (nel caso di specie, installati sui tavoli da gioco di un casinò) quando sia l’autorizzazione amministrativa dell’Ispettorato del Lavoro, sia il contratto collettivo escludano tale utilizzabilità.

Sotto il profilo normativo, si ricorda che ai sensi dell’art. 4 della L. 300/70 (c.d. Statuto dei lavoratori) è possibile installare impianti audiovisivi e altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori in presenza di un accordo sindacale o dell’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro e, comunque, esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.
Tale norma, all’ultimo comma, stabilisce che le informazioni raccolte mediante l’utilizzo di tali impianti, di cui al comma 1 dell’art. 4, nonché con gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (c.d. strumenti di lavoro) e gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze, di cui al comma 2 dell’art. 4, sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro se al lavoratore è data adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e ciò avviene nel rispetto di quanto disposto dal DLgs. 196/2003.

Nel caso di specie era stato licenziato un croupier al quale era stato contestato di essersi appropriato di due banconote da 100 euro ciascuna nello svolgimento delle sue mansioni e in occasione di due operazioni di cambio di denaro in gettoni da gioco, come emergeva dal materiale ottenuto grazie alle riprese effettuate tramite impianti autorizzati dall’Ispettorato del Lavoro, più precisamente tramite delle telecamere presenti sul tavolo da gioco in cui il dipendente stava operando.

La Corte di secondo grado aveva, però, ritenuto tale materiale non utilizzabile alla luce delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro, che venivano anche richiamate dal contratto collettivo applicato.
Infatti, in base all’autorizzazione amministrativa, i fatti ripresi con le telecamere non potevano in nessun caso costituire oggetto di contestazione disciplinare o motivo di addebito, ma potevano essere utilizzate esclusivamente a discolpa del lavoratore; l’art. 35 del contratto collettivo richiamava poi, per gli impianti audiovisivi, le disposizioni dell’Ispettorato che ne regolamentava le modalità di utilizzo.

In virtù della lettura congiunta dell’autorizzazione dell’Ispettorato, da un lato, e delle disposizioni collettive, dall’altro, le riprese così ottenute, anche in presenza di comportamenti scorretti del dipendente in quanto pregiudizievoli del patrimonio aziendale, non potevano considerarsi utilizzabili a fini disciplinari, con conseguente illegittimità del licenziamento disciplinare irrogato per mancanza di prova del fatto illecito ascritto al croupier.

Con la pronuncia in commento, la Cassazione conferma tale soluzione, evidenziando che, nel caso di specie, l’inutilizzabilità ai fini disciplinari del materiale raccolto mediante i suddetti impianti trova fondamento, oltre che nell’autorizzazione dell’Ispettorato, anche nella stessa volontà delle parti collettive attraverso l’espresso recepimento delle clausole di tale autorizzazione, comprese quelle limitative dell’utilizzabilità dei dati.
In particolare nella sentenza si legge che l’inutilizzabilità per i predetti fini dei dati, in quanto “espressione della libera esplicazione dell’autonomia privata delle parti collettive”, non può che essere meritevole di tutela in quanto clausola di maggior favore per il lavoratore.

Nella sentenza si evidenzia inoltre che nel caso in esame non erano nemmeno sussistenti i presupposti legittimanti il c.d. controllo difensivo, in considerazione del fatto che il controllo non aveva riguardato dati acquisiti dopo l’insorgenza del sospetto, ma aveva riguardato dati raccolti in un momento antecedente e solo successivamente esaminati.

Per la Suprema Corte, infatti, i c.d. controlli difensivi sono legittimi solo se il datore di lavoro, prima di eseguirli, ha un fondato sospetto circa la commissione di un illecito da parte del lavoratore, al fine di bilanciare le esigenze aziendali con la tutela della dignità e della privacy del lavoratore stesso (cfr. Cass. n. 25732/2021; si veda “Controlli difensivi sui dipendenti ammessi se preceduti dal fondato sospetto” del 23 settembre 2021).

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