Da provare che i corsi dell’università telematica coincidono con l’orario di servizio
Il lavoratore potrebbe sempre scegliere orari di collegamento compatibili con l’orario di lavoro
Qualora la contrattazione collettiva preveda la concessione di permessi retribuiti per motivi di studio, la loro fruizione può trovare un limite nel caso in cui il lavoratore frequenti un’università telematica, posto che le lezioni on line possono essere seguite in orari flessibili, anche al di fuori dell’orario lavorativo. Pertanto, in dette ipotesi, in relazione alle lezioni erogate in modalità asincrona, il lavoratore ha diritto a godere dei permessi solo nel caso in cui dia prova di aver seguito effettivamente lezioni trasmesse in via telematica esclusivamente in orari e giorni coincidenti con quelli in cui è tenuto a svolgere la propria attività lavorativa.
È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25038/2025.
La controversia vedeva coinvolti quattro dipendenti dell’Agenzia delle Dogane, i quali avevano fruito di alcuni permessi studio per la frequentazione di corsi tenuti presso un’università telematica: per la datrice di lavoro era necessario che gli stessi attestassero, con una certificazione dell’università frequentata, che le lezioni potessero essere eseguite solo negli specifici giorni ed orari nei quali gli stessi avevano fruito dei permessi, anziché in tempi diversi da quelli lavorativi.
Già il giudice di prime cure aveva dichiarato le pretese datoriali infondate e lo aveva fatto sulla scorta, tra le altre cose, della disciplina contrattuale collettiva: il diritto dei dipendenti a godere dei permessi per seguire le lezioni nelle ore di ufficio non poteva ritenersi condizionato dall’onere di dimostrare che la frequenza non potesse avvenire in orario diverso.
Dello stesso avviso la Corte d’Appello di Milano, la quale, nel confermare la pronuncia di primo grado, aveva altresì sottolineato come la circostanza per cui le lezioni fruite on line possano essere seguite in qualsiasi momento, determinerebbe, a differenza di quanto accade per gli studenti di corsi in presenza, l’obbligo di seguirle nel tempo lasciato libero dal servizio, con conseguente gravoso cumulo dell’orario lavorativo con la frequenza universitaria; da ciò, ne deriverebbe un ostacolo all’effettiva attuazione del diritto allo studio a condizioni analoghe rispetto a quelle garantite dalla contrattazione collettiva agli altri lavoratori.
A fronte di tali pronunce, la datrice presentava ricorso in Cassazione che, investita della controversia, ne accoglie le doglianze.
L’argomentazione della Suprema Corte parte dal tenore letterale della norma contrattuale collettiva, ossia l’art. 46 del CCNL Funzioni centrali 2016-2018, rubricato “Diritto allo studio”, in forza del quale sono concessi ai dipendenti permessi retribuiti nella misura massima individuale di 150 ore all’anno. Il comma 4 precisa poi che detti permessi sono concessi per la partecipazione a corsi destinati al conseguimento di titoli di studio universitari, post universitari, di scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o abilitate al rilascio di titoli di studio legali. Infine, al comma 9, viene previsto che, per la concessione dei permessi, i dipendenti interessati devono presentare, prima dell’inizio dei corsi, il certificato di iscrizione e, al termine degli stessi, l’attestato di partecipazione e quello degli esami sostenuti, anche se con esito negativo (è bene evidenziare come per il settore privato siano presenti previsioni simili, anch’esse rubricate come “Diritto allo studio”: si pensi all’art. 45 del CCNL Alimentari – Industria, all’art. 86 del CCNL Edilizia – Artigianato o, ancora, all’art. 62 del CCNL Lapidei – Artigianato).
Quindi, proseguono i giudici di legittimità, per quanto attiene alla partecipazione ai corsi delle università telematiche, la circostanza per cui il lavoratore non sia tenuto a rispettare un orario di frequenza del corso in momenti prestabiliti porta a ritenere che ciò possa avvenire anche al di là dell’orario di lavoro, con il conseguente venir meno di ogni necessità di fruizione dei permessi stessi. In altri termini, non essendo obbligato a partecipare necessariamente alle lezioni in orari rigidi, come avviene per l’università ordinaria, il lavoratore potrebbe sempre scegliere orari di collegamento compatibili con quelli lavorativi.
Ciò detto, conclude la Cassazione, il permesso serve a giustificare l’assenza dal servizio da parte del lavoratore interessato e questa va documentata con una dichiarazione che attesti la partecipazione al corso: per la frequentazione di università telematiche è quindi necessario, per il lavoratore, dar prova di aver seguito le lezioni trasmesse on line esclusivamente in orari e giorni che coincidano con quelli in cui è tenuto a prestare la propria attività lavorativa (cfr. anche Cass. n. 17128/2013).
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