Per liquidare il danno patrimoniale al lavoratore autonomo vittima di sinistro si guarda al reddito
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 23330/2024, ha affermato che, ai fini della quantificazione del danno patrimoniale subìto dal lavoratore autonomo vittima di un sinistro stradale che abbia ridotto la sua capacità lavorativa specifica, quello che conta è il reddito dichiarato dal lavoratore stesso.
In particolare, ai sensi dell’art. 4 del DL 857/76 convertito (la norma è oggi abrogata, ma analoga disposizione si rinviene all’art. 137 comma 1 del DLgs. 209/2005), quando ai fini del risarcimento occorra considerare l’incidenza dell’inabilità temporanea o dell’invalidità permanente su un reddito di lavoro autonomo, tale reddito si determina sulla base del reddito netto risultante più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche degli ultimi tre anni.
Ai fini in considerazione, peraltro, è irrilevante che il reddito “dichiarato” includa in sé la voce avente ad oggetto l’“adeguamento per studi di settore”. Del resto, è imputabile allo stesso danneggiato il fatto di aver incluso quella voce nella base imponibile che costituisce il punto di riferimento per l’applicazione del citato art. 4 del DL 857/76. Ciò, a maggior ragione, ove si consideri che il danneggiato avrebbe potuto avvalersi, nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, della facoltà di giustificare il mancato adeguamento ai ricavi o compensi determinati in base agli studi di settore per il tramite dell’apposita attestazione rilasciata ex art. 10 comma 3-ter della L. 146/98.
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