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IMPRESA

Insolvenza esclusa con occasionale inadempimento

Numerosi gli indici da cui può desumersi la carenza di liquidità

/ Francesco DIANA

Venerdì, 6 giugno 2025

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L’apertura della liquidazione giudiziale richiede, ai sensi dell’art. 121 del DLgs. 14/2019, l’accertamento in capo al debitore di determinati requisiti soggettivi e oggettivi: deve sussistere, rispettivamente, la natura di imprenditore commerciale non minore (art. 2 comma 1 lett. d) del DLgs. 14/2019) e lo stato di insolvenza.

Quale ulteriore requisito di procedibilità è richiesto che si rilevi l’esistenza di un ammontare di debiti scaduti e non pagati, risultanti dagli atti dell’istruttoria, complessivamente non inferiore a 30.000 euro (art. 49 comma 5 del DLgs. 14/2019).
Spetta al debitore dimostrare che non ricorrano i presupposti richiesti dalla norma, sebbene ciò non escluda una valutazione anche in via officiosa da parte del Tribunale (Trib. Catania 21 marzo 2025 e 10 ottobre 2024; si veda “Nessuna alternatività tra le procedure liquidatorie” del 1° aprile 2025).

Ai sensi dell’art. 2 comma 1 lett. b) del DLgs. 14/2019 il debitore è insolvente quando non è più in grado di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni e ciò si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori.
L’insolvenza, pertanto, sussiste ove si accerti uno stato di definitiva incapacità dell’impresa di far fronte, con regolarità, agli impegni assunti escludendo, di contro, casi di occasionale inadempienza.
In tal senso si è espresso il Tribunale di Milano con la sentenza n. 266 del 9 aprile 2025.

La verifica della “regolarità” pone la necessità di una valutazione, anche in termini prospettici, che l’impresa possa continuare a svolgere la propria attività, realizzando cash flow che le consentano di adempiere agli impegni assunti (App. Firenze 18 marzo 2025).
È necessario, infatti, che lo stato di impotenza non sia transitorio dovendo escludere l’insolvenza se, diversamente, il debitore è in grado di recuperare la propria capacità ad adempiere in un ragionevole lasso temporale (Trib. Larino 9 maggio 2024).

L’incapacità ad adempiere può desumersi dal ricorrere di diversi indizi e indicatori, anche non necessariamente in concorso tra di loro: le perdite di esercizio maturate nell’anno precedente all’apertura della procedura, la pesante situazione debitoria, l’inesistenza di liquidità ed anche il mancato adempimento di debiti di modesto importo (Trib. Milano 9 aprile 2025).
Secondo i giudici, inoltre, rileva anche il mancato pagamento del creditore istante, piuttosto che il reiterato mancato deposito dei bilanci e la mancata produzione di documentazione contabile aggiornata.
Ulteriori indizi possono desumersi dall’assenza di beni utilmente pignorabili, dalla significativa riduzione del personale dipendente, dall’impossibilità di portare a termine le commesse in essere per carenza della struttura operativa (App. Firenze 18 marzo 2025) e/o in ragione della difficoltà a reperire ed acquistare le risorse necessarie (Trib. Gela 7 aprile 2025).
Ciò non esclude che lo stato di insolvenza non occasionale possa desumersi anche dall’inadempimento di una singola obbligazione, tuttavia sufficiente a indicare lo stato di illiquidità dell’impresa (App. Roma 5 aprile 2024). Analogamente, l’assenza di procedure esecutive nei confronti del debitore non è sufficiente a escludere la carenza di liquidità e, dunque, lo stato di decozione (Trib. Terni 8 marzo 2024).

Il rapporto tra le attività e le passività, invece, non assume rilevanza se non per le società in liquidazione (App. Firenze 18 marzo 2025), posto che la valutazione del giudice è diretta ad accertare, in via esclusiva, che gli elementi attivi del patrimonio assicurino l’eguale e integrale soddisfacimento della pretesa creditoria, tenendo conto delle concrete possibilità di realizzo oltre che della relativa tempistica (Trib. Siracusa 17 novembre 2020).
Si tratta, in tal caso, di un diverso criterio di verifica dell’insolvenza che decorre dall’iscrizione presso il Registro delle imprese della delibera con la quale si deciso lo scioglimento e la liquidazione della società (Cass. n. 12156/2024).

La pronuncia consente di approfondire anche il tema della giurisdizione e della competenza territoriale del tribunale chiamato a decidere per i procedimenti di accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza di cui al DLgs. 14/2019.
La competenza è definita, ai sensi dell’art. 27 comma 2 del DLgs. 14/2019, in ragione del centro degli interessi principali del debitore (COMI); al successivo comma 3 è affidata la concreta individuazione mediante una serie di presunzioni relative (e non assolute), vincibili con prova contraria (Trib. S.M. Capua Vetere 24 aprile 2024).
In ogni caso, l’eventuale trasferimento del COMI intervenuto nell’anno precedente al deposito della domanda non rileva ai fini della competenza (art. 28 del DLgs. 14/2019); analogamente non rileva il suo trasferimento all’estero entro lo stesso termine, ipotesi nella quale la giurisdizione resta del tribunale italiano.
Tale termine decorre, secondo i giudici, dalla cancellazione della società dal Registro delle imprese italiano.

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