Prededucibilità esclusa nel fallimento in consecuzione senza subentro del curatore
L’esecuzione continuata delle prestazioni non giustifica la collocazione preferenziale
La Cassazione, con l’ordinanza 16 maggio 2025 n. 13099, ha rimarcato il principio secondo cui il riconoscimento della prededuzione per il credito derivante da un contratto a esecuzione continuata, maturato in pendenza della domanda di concordato preventivo, non ha alcuna influenza sulla natura del credito, anche se derivante dal medesimo contratto, maturato in pendenza del successivo fallimento e rispetto al quale il curatore fallimentare non sia subentrato, essendo diversi, nelle due ipotesi, i presupposti che danno diritto all’ammissione al passivo e alla collocazione preferenziale.
In punto di fatto, si apprende come, secondo il creditore, ai fini del riconoscimento della prededuzione dei crediti, non sia decisivo il mancato subentro del curatore nel contratto di fornitura, dovendosi guardare, per l’ammissione del credito in prededuzione, solo alla consecuzione tra concordato preventivo e fallimento.
Ai sensi dell’art. 111 comma 2 del RD 267/42, la consecuzione tra procedure e l’utilità dell’assunzione di determinati debiti in occasione o in funzione delle stesse sono rilevanti ai fini del riconoscimento della prededuzione per determinati crediti, anche se sorti prima della dichiarazione di fallimento e, quindi, al di fuori della gestione del patrimonio fallimentare spettante esclusivamente al curatore.
In particolare, nella sequenza tra concordato preventivo e fallimento, possono essere ammessi al passivo in prededuzione, in quest’ultima procedura, i crediti legittimamente sorti in occasione o in funzione del concordato che sia poi sfociato nel fallimento, qualora quest’ultimo sia volto a regolare la medesima situazione di insolvenza del debitore, che il concordato non era stato in grado di risolvere.
Si deve trattare di debiti assunti dall’imprenditore o da coloro che hanno il potere di spendere il nome dell’impresa e, per gli atti compiuti dopo la pubblicazione della domanda di ammissione al concordato, con le autorizzazioni eventualmente necessarie, in mancanza delle quali quegli atti sono inefficaci nei confronti dei creditori concorsuali (artt. 161 comma 7 e 167 del RD 267/42).
La consecuzione di procedure e l’utilità della prestazione per la massa dei creditori non possono essere veicolo per il riconoscimento della prededuzione in relazione ai crediti sorti dopo la dichiarazione di fallimento e non derivanti dalla gestione del patrimonio da parte del curatore.
Il riconoscimento della prededuzione dei crediti non può comunque prescindere dalla valutazione preliminare circa il presupposto del sorgere di un credito verso la massa che, in pendenza della procedura fallimentare, richiede la riferibilità di quel credito a un atto di gestione del curatore (Cass. nn. 1456/2021, 15724/2019 e 20113/2016).
Ai fini dell’individuazione dei crediti prededucibili, il riferimento all’elemento cronologico (in occasione), deve sempre essere integrato, per avere un senso compiuto, con un implicito elemento soggettivo e cioè quello della riferibilità del credito all’attività degli organi della procedura, perché, in difetto di una tale integrazione, il criterio in questione sarebbe palesemente irragionevole, in quanto porterebbe a considerare come prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali a esigenze della stessa (Cass. n. 20113/2016).
Con la dichiarazione di fallimento e lo spossessamento del debitore, il criterio soggettivo (atti posti in essere dal curatore che gestisce il patrimonio) sostituisce quello misto cronologico (in occasione), strumentale (in funzione) e soggettivo (atti computi dal debitore, con la prescritta autorizzazione per gli atti di straordinaria amministrazione), che può operare solo prima dell’apertura del fallimento.
Ex art. 72 comma 1 del RD 267/42, dichiarato il fallimento, l’esecuzione dei contratti pendenti rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo. Tale regola generale non soffre eccezione per i contratti a esecuzione continuata o periodica (art. 74 del RD 267/42), ma soltanto nel caso in cui sia disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa (art. 104 comma 7 del RD 267/42).
A differenza del fallimento, invece, per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, fino a quando la facoltà di scioglimento non è esercitata dal commissario straordinario, il contratto continua ad avere esecuzione (art. 50 del DLgs. 270/99)
La prededuzione per il credito maturato in pendenza di concordato, quindi, non ha influenza sulla natura del credito maturato in pendenza del fallimento e, a tal fine, non assumono rilievo la consecuzione tra le procedure, il giudicato endofallimentare, o la rilevanza della funzionalità delle prestazioni rese in pendenza del concordato.
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