ACCEDI
Lunedì, 23 giugno 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

Dall’efficacia fiscale della riforma del Terzo settore novità per gli enti associativi

L’operatività è fissata dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025

/ Federico MOINE e Francesco NAPOLITANO

Lunedì, 23 giugno 2025

x
STAMPA

download PDF download PDF

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DL 17 giugno 2025 n. 84 segna una importante novità per la riforma del Terzo settore. L’art. 8 comma 1 del decreto modifica sia l’art. 101 comma 10 che l’art. 104 comma 2 del DLgs. 117/2017, statuendo, rispettivamente, che l’autorizzazione della Commissione europea sia necessaria per l’efficacia del solo art. 77 (“Titoli di solidarietà”) e che le disposizioni del Titolo X del Codice del Terzo settore si applichino agli ETS a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025. In poche parole, la tolleranza di commercialità delle attività (6% per tre periodi d’imposta) e i regimi forfetari ex artt. 80 e 86 del Codice non necessitano della predetta autorizzazione.

Il DL fiscale è intervenuto anche con riferimento al DLgs. 112/2017 riguardante l’impresa sociale, statuendo che le misure fiscali contenute nel relativo art. 18, a eccezione di quelle previste nei commi 3, 4 e 5, si applichino anch’esse a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025.

Diventa quindi ineludibile la necessità di valutare il da farsi da parte delle tante realtà no profit che, a tutt’oggi, sono ancora fuori del perimetro del Terzo settore. Tali enti hanno continuato a fruire – ormai soltanto fino al 31 dicembre 2025 – dei regimi agevolati ancora in vigore, tra i quali spicca quello ex L. 398/91.

Dal 1° gennaio 2026 (per i soggetti solari) entreranno pienamente in vigore le norme fiscali contenute nel Titolo X del DLgs. 117/2017, in particolare quelle afferenti i regimi fiscali agevolati e quelle relative al “coordinamento normativo” di cui all’art. 89, il quale ultimo va a incidere significativamente su alcune disposizioni del TUIR.
Viene modificato, tra l’altro, l’art. 148 comma 3, riguardante la decommercializzazione dei corrispettivi specifici incassati dagli enti associativi per le operazioni svolte nei confronti degli associati, del quale viene mutato l’aspetto soggettivo, venendo espunte alcune categorie di associazioni: le culturali, le APS e quelle di formazione extrascolastica. Questi enti, ove non entrino nel RUNTS, dovranno fare i conti con l’art. 149 TUIR in quanto i suddetti corrispettivi specifici acquisteranno natura commerciale, con conseguente raffronto con le entrate istituzionali e probabile rischio di perdita della natura di ente non commerciale ai fini fiscali.

Accanto alla piena efficacia della Riforma del Terzo settore va considerata anche la “rivoluzione” IVA che interessa gli enti associativi, con il passaggio dal regime di esclusione ex art. 4 comma 4 DPR 633/72 a quello di esenzione ex art. 10 per effetto dell’art. 5 comma 15-quater del DL 146/2021, con decorrenza dal 1° gennaio 2026.
L’attrazione nel regime di esenzione IVA comporterà la necessità per molti enti di dotarsi della partita IVA, tranne per quelli che effettueranno esclusivamente operazioni di natura non commerciale senza conseguire corrispettivi specifici da parte degli associati, e obbligherà ai relativi adempimenti strumentali e formali di cui al Titolo II del DPR 633/72, con esclusione peraltro di quelle ASD che, restando fuori del RUNTS e in regime di L. 398/91, potranno continuare a fruire di vari esoneri (a eccezione della fatturazione per sponsorizzazione/pubblicità).

Il citato art. 89 del DLgs. 117/2017 abroga anche l’art. 9-bis del DL 417/91, che consente oggi la fruizione della L. 398/91 alle associazioni senza scopo di lucro diverse dalle ASD. Di conseguenza, dal 1° gennaio 2026, questi enti resteranno “scoperti” da tale punto di vista, con tutto il relativo aggravio in termini di organizzazione contabile/amministrativa per l’impianto ex novo di una contabilità IVA. Potrebbe soccorrere in loro favore l’art. 36-bis del DPR 633/72, che dispone la dispensa dagli adempimenti, ma soltanto con riguardo alle operazioni esenti, restandovi quindi soggette le altre operazioni commerciali eventualmente effettuate. Il contraltare di tale dispensa sarà l’impossibilità di detrarre l’IVA a credito.

In tale quadro normativo si distingue la tipicità delle APS che, con le ODV, ai sensi dell’art. 5 comma 15-quinquies del DL 146/2021, possono optare – ai soli fini IVA - per il regime di cui alla L. 190/2014, a condizione che i ricavi commerciali siano inferiori a 65.000 euro annui. Queste realtà, anche con l’entrata in vigore del Titolo X del DLgs. 117/2017 e pur optando per il regime fiscale dell’art. 86, non saranno del tutto sottratte agli adempimenti formali, in quanto il comma 7 di tale articolo prevede l’obbligo di “... numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti”, restandovi esonerati i corrispettivi derivanti dalle operazioni di cui all’art. 2 del DPR 696/96.
In poche parole, anche da un punto di vista IVA, gli enti associativi hanno davanti a sé un ventaglio di opportunità che andrà accuratamente esaminato, onde scegliere quello più aderente alla propria realtà autonoma.

TORNA SU