Riconosciuta l’origine professionale di una malattia per esposizione a PFAS
Anche a distanza di molti anni non viene meno il nesso causale
Il Tribunale di Vicenza, con la sentenza n. 251/2025, ha riconosciuto l’origine professionale di una patologia oncologica contratta da un lavoratore esposto a sostanze perfluoroalchiliche (c.d. PFAS); la pronuncia rappresenta un unicum nel panorama giuridico italiano, posto che, sino a oggi, non era mai stata fatta questa correlazione.
La controversia in esame sorgeva in seguito al ricorso promosso dagli eredi di un lavoratore che, nel corso del rapporto di lavoro, articolatosi in un ampio arco temporale, dal 1979 al 1992, era stato esposto a sostanze perfluorurate e ad acidi polifluoroalchilici; lo stesso aveva in seguito sviluppato una patologia oncologica (carcinoma uroteliale), cui era seguito il decesso, avvenuto il 12 aprile 2014.
Gli eredi del lavoratore avevano quindi adito il Tribunale vicentino, al fine di ottenere l’accertamento dell’origine professionale della malattia e, quindi, il riconoscimento del diritto della rendita ai superstiti e dell’assegno funerario (art. 85 del DPR 30 giugno 1965 n. 1124).
Nel dettaglio, il lavoratore era stato addetto alla fase di neutralizzazione delle acque nel reparto depurazione, che era adiacente al settore elettrofluorurazione, dove venivano prodotti i PFAS e i PFOA, con conseguente esposizione alle sostanze che, a partire da quel luogo, venivano disperse nell’aria; secondo quanto rappresentato dagli eredi, proprio all’essere venuto in contatto con detti componenti, senza indossare i dispositivi di protezione necessari, doveva essere ricondotta la causa del carcinoma contratto dal lavoratore.
Di diverso avviso l’INAIL che, costituitosi in giudizio, contestava tra le altre cose la correlazione causale tra presenza nell’organismo di sostanze perfluoroalchiliche e sviluppo della particolare malattia oncologica contratta, che aveva causato il decesso del prestatore di lavoro.
Investito della controversia, il Tribunale vicentino ha accolto le domande degli eredi del lavoratore.
In prima battuta il giudice ha rilevato come i presupposti del diritto alla rendita ai superstiti siano, oltre ai requisiti soggettivi, la natura professionale della patologia nonché il nesso di casualità fra il decesso e l’infortunio o la malattia professionale. In particolare, nel sistema dell’assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, la presunzione circa l’origine professionale della patologia opera a favore dell’assicurato solo in riferimento alle malattie e alle lavorazioni tabellate, mentre, per quelle non tabellate, grava sul lavoratore l’onere di provare la derivazione delle stesse da una causa di lavoro; nel caso, poi, di fattispecie costitutiva del diritto alla rendita ai superstiti e all’assegno funerario, è altresì necessaria la dimostrazione del nesso di causalità tra la malattia, che si assume contratta a causa del lavoro, e la morte (cfr. ex multis Cass. n. 19312/2004).
Nel caso di specie non poteva operarsi alcuna presunzione, posto che la malattia contratta dal lavoratore – “carcinoma uroteliale papillare della pelvi renale” – non è tabellata.
Tuttavia, il Tribunale, alla luce di tutti gli elementi probatori raccolti, ha ritenuto raggiunta la prova del nesso di causalità fra l’ambiente in cui il lavoratore prestava la propria attività lavorativa e la patologia in questione.
Dall’istruttoria effettuata in giudizio è emerso, infatti, come il reparto fosse adiacente agli ambienti di produzione, tanto da essere plausibile una contaminazione di PFAS e PFOA, nonché come solo gli addetti alla lavorazione delle sostanze perfluoroalchiliche indossassero i dispositivi di protezione individuale di cui, invece, il prestatore di lavoro era completamente sprovvisto.
Dalla perizia del consulente tecnico d’ufficio, si evinceva poi che la patologia contratta dal lavoratore dovesse ritenersi ricondotta all’esposizione professionale a PFAS: da un lato, è stato chiarito come “pur in assenza di dati chimicotossicologici relativi a campioni prelevati direttamente [dal lavoratore, ndr], si identifica con elevata probabilità, una esposizione lavorativa a PFOA e PFOS significativamente superiore a quello della popolazione generale, per tutto il periodo del proprio impiego” e, dall’altro, è stata riportata letteratura scientifica volta a sostenere una effettiva correlazione tra l’esposizione a sostanze perfluoroalchiliche durante l’attività lavorativa e l’insorgenza di patologie neoplastiche vescicali.
Alla luce di ciò, il Tribunale vicentino ha affermato la sussistenza “con elevato grado di probabilità” del nesso di causalità fra l’esposizione a PFAS subita dal lavoratore, il carcinoma dallo stesso contratto e il successivo decesso.
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