Niente sanzioni se la riclassificazione catastale della prima casa è postuma
Nel caso esaminato dalla Cassazione l’abitazione era passata dalla categoria A/2 alla categoria A/1
Non è legittimo applicare le sanzioni per la decadenza dall’agevolazione prima casa ove la riclassificazione catastale dell’abitazione (che la porta da A/2 ad A/1, precludendole l’accesso al beneficio) sia stata successiva al rogito agevolato, anche se, intervenendo su una richiesta del venditore presentata ben tre anni prima del rogito, la riclassificazione svolge effetti retroattivi.
Lo chiarisce la Corte di Cassazione con l’ordinanza 21 giugno 2025 n. 16643, esaminando un’interessante questione relativa all’applicazione delle sanzioni per mancata spettanza dell’agevolazione prima casa, in ipotesi di riclassificazione catastale postuma.
Prima di tutto, è opportuno ricordare che, dal 2014 (dal 1° gennaio 2014 per l’imposta di registro e dal 12 dicembre 2014 anche in campo IVA), l’ambito oggettivo delle agevolazioni prima casa è ancorato alla classificazione catastale degli immobili, mentre ha perso ogni rilevanza il DM 2 agosto 1969, che individuava le caratteristiche che attribuivano alle abitazioni la qualifica “di lusso”. In breve, dal 2014 non possono accedere al beneficio di cui alla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86 le abitazioni accatastate nelle categorie A/1, A/8 o A/9, mentre non rilevano più le varie caratteristiche individuate dal DM 2 agosto 1969 (ad esempio, la superficie utile superiore a 240 mq, la presenza di una piscina di certe dimensioni, ecc.).
Il passaggio di un immobile dalla categoria A/2 alla categoria A/1, quindi, ne sancisce anche l’estromissione dall’agevolazione prima casa e, in certi casi, come quello esaminato dalla Cassazione con la decisione in commento, anche la perdita del beneficio applicato nel passato.
Nel caso di specie, infatti, nel 2014, il proprietario di un immobile aveva presentato una domanda di nuovo accatastamento (non è desumibile, dal testo della pronuncia, quali opere o lavori fossero stati eseguiti), a fronte della quale l’immobile era risultato classificato come A/2.
Nel 2017, l’immobile viene venduto e l’acquirente chiede le agevolazioni prima casa, dato che l’immobile risulta accatastato A/2.
Nel 2018, a quanto emerge dall’ordinanza “a seguito di segnalazione del Comune”, interviene una “riclassificazione postuma” del bene oggetto di compravendita, a cui viene assegnata la categoria catastale A/1, in luogo della categoria A/2.
A questa riclassificazione segue la revoca, da parte dell’Agenzia delle Entrate, delle agevolazioni prima casa applicate in atto (con passaggio dell’IVA dal 4% originario al 10%) con conseguente applicazione delle sanzioni nella misura del 30%.
Sulla legittimità delle sanzioni nasce, però, un contenzioso che giunge di fronte alla Suprema Corte, la quale, confermando la decisione del giudice di merito, con l’ordinanza n. 16643/2025 nega l’applicabilità delle sanzioni.
Come ricordato dal giudice di merito, “l’irrogazione della sanzione ... postula sempre l’esistenza di una colpa o dolo del contribuente nell’evasione dell’imposta”, mentre nel caso di specie, l’applicazione dell’IVA al 4%, invece di quella del 10%, non è frutto di un comportamento né doloso né colposo. La dichiarazione resa in atto dal contribuente, in pratica, non può essere considerata colpevolmente mendace o infedele in quanto rispecchiava, invece, il dato di fatto catastale allora “esistente”.
Al momento dell’atto di acquisto per cui sono state richieste le agevolazioni prima casa – afferma la Cassazione – “era palese l’ancoraggio dell’identità catastale del bene alla categoria A2”.
Il fatto che esistesse una denuncia di nuovo accatastamento (da parte dell’ex proprietario) risalente al 2014 e che “la situazione catastale fosse sub judice pure al momento del rogito notarile”, non giustificavano una dichiarazione diversa da parte del contribuente in atto: egli non avrebbe potuto dichiarare altro che la classificazione A/2 che allora era sussistente, in quanto la possibile riclassificazione costituiva una “mera ed incerta evenienza”.
Quindi, posto che la dichiarazione della condizione catastale esistente al momento del rogito era “la sola condotta in quel frangente esigibile”, pur a fronte di una precedente domanda di riclassificazione, non sono applicabili sanzioni.
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