Misure protettive e cautelari a garanzia del piano nella composizione negoziata
Inibizione alle banche di riclassificare le esposizioni e di effettuare le segnalazioni di vigilanza
La pronuncia del Tribunale di Avezzano del 22 aprile 2025 n. 245 si è soffermata sulla funzione e sul contenuto delle misure protettive e cautelari nell’ambito della composizione negoziata della crisi (CNC).
Le misure protettive e cautelari sono strumenti diretti a prevenire la condotta di creditori non coerente con le finalità di risanamento aziendale e che potrebbero creare una disparità di trattamento tra creditori. Il Tribunale, ex art. 19 del DLgs. 14/2019 (CCII), deve garantire un equilibrio tra i contrapposti interessi delle parti.
L’imprenditore che abbia avuto accesso alla composizione negoziata può richiedere due tipologie di misure: quelle protettive, tipizzate dalla legge e che decorrono dal momento della pubblicazione nel Registro delle imprese dell’accettazione dell’esperto, e quelle cautelari, atipiche e che ricomprendono ogni potenziale provvedimento idoneo ad assicurare il buon esito delle trattative.
I requisiti che legittimano la richiesta di misure protettive e cautelari ex art. 18 del CCII sono ravvisabili nel fumus boni iuris (sussistenza delle condizioni per accedere alla composizione negoziata della crisi: Trib. Mantova 20 dicembre 2022) e nel periculum in mora (rischio che la mancata concessione delle misure richieste possa pregiudicare le trattative e il risanamento dell’impresa).
La valutazione delle prospettive di risanamento è rimessa, in primis, alla valutazione dell’esperto, che avvierà le trattative solo quando ritiene che siano concrete, ai sensi dell’art. 17 comma 5 del CCII. Tali verifiche sono oggetto di valutazione anche da parte del Tribunale, che è tenuto ad acquisire un motivato parere dell’esperto, ex art. 19 comma 4 del CCII, vagliandone la congruità e coerenza logica.
Il sindacato giudiziale – sommario stante la natura cautelare del procedimento – deve tener conto: degli esiti del test pratico per la verifica della perseguibilità del risanamento (che nella pratica non sempre viene predisposto, almeno quando il MOL è negativo); del piano di risanamento predisposto; dell’analisi sulla coerenza effettuata dall’esperto, consistente nel vaglio critico delle premesse e degli obiettivi del progetto di risanamento, attraverso adeguati riscontri ed eventuali proposte di modifica, ovvero, in ultima analisi, in un’attestazione di veridicità dei dati contabili forniti dall’imprenditore e di fattibilità del piano (Trib. Avellino 30 ottobre 2023).
L’assenza di iniziative esecutive o liquidatorie in essere, secondo il Tribunale, rappresenta, ad esempio, un elemento da valorizzare in relazione alla condotta del debitore anche in relazione all’obbligo di segnalazione tempestiva del verificarsi di condizioni di squilibrio e di assunzione senza indugio delle iniziative necessarie.
Le misure cautelari, ex art. 1 comma 2 lett. q) del CCII, hanno un contenuto atipico e sono provvisorie e reversibili, potendo essere concesse se sussiste il fumus della realizzabilità dello scopo del risanamento e il periculum che tale scopo possa essere vanificato per il tempo necessario all’attuazione degli strumenti ex lege, e comunque proporzionalmente rispetto allo scopo delineato.
Nel caso preso in esame, il piano di risanamento si basava sull’apporto di finanza esterna: la liquidità derivante dalla vendita di un immobile dell’amministratore della società. Per questa ragione la società in crisi aveva chiesto al Tribunale di inibire alle banche: di modificare la classificazione del credito, di effettuare la segnalazione a sofferenza CRIF e Centrale Rischi, di escutere le garanzie del Fondo MCC e di escutere le fideiussioni rilasciate dall’amministratore che aveva posto in vendita il proprio immobile personale.
Il Tribunale adito ha concesso le misure cautelari richieste. Quanto alle prime due, si tratta di una interpretazione già accolta dalla giurisprudenza di merito (Trib. Crotone 4 gennaio 2025), ma non unanimemente (Trib. Modena 25 marzo 2024).
L’ultimo precedente giurisprudenziale citato è anteriore alla modifica apportata all’art. 16, comma 5 del CCII dal terzo correttivo. Ciò nonostante, appare interessante menzionare che il Tribunale ha ritenuto non concedibile la misura cautelare proprio nel presupposto che è la stessa norma appena citata a fare salva l’applicazione della disciplina prudenziale di vigilanza, la cui disapplicazione non può quindi essere disposta quale misura cautelare.
Anche l’inibizione della escussione delle fideiussioni dei terzi e di quelle pubbliche, ad esempio le garanzie largamente rilasciate nei finanziamenti emergenziali della pandemia 2020, vanta alcuni positivi precedenti giurisprudenziali (Trib. Torino 5 dicembre 2023, Trib. Milano 4 settembre 2024 e Trib. Modena 22 giugno 2024). Quanto alla escussione delle fideiussioni pubbliche, la ragione dell’accoglimento concesso dai tribunali citati si sostanzia, in sintesi, nella conseguenza che essa è capace di “trasformare” il credito da chirografario e privilegiato e, quindi, di rendere più arduo il risanamento.
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