Importo del TFM da parametrare alla realtà economica dell’impresa
Il TFM deve essere determinato secondo criteri di ragionevolezza e congruità
La Corte di Cassazione è chiamata di frequente a pronunciarsi su controversie relative al trattamento di fine mandato degli amministratori (TFM), in ragione di contestazioni sollevate in passato dall’Agenzia delle Entrate con lo scopo di disconoscere la deducibilità dell’accantonamento ove non quantificato secondo le regole previste per il trattamento di fine rapporto dei lavoratori subordinati dall’art. 2120 c.c., ossia in misura pari alla retribuzione per l’anno diviso per 13,5 (si veda, da ultimo, Cass. n. 18026/2025).
Si tratta di una questione ormai superata perché la posizione della Cassazione, cui si è allineata la giurisprudenza di merito, è granitica: non esiste una norma che obblighi le società a determinare le quote del TFM degli amministratori nelle forme previste per il TFR dei lavoratori dipendenti, per cui la regola contenuta nell’art. 2120 c.c. non è applicabile (cfr., ex multis, Cass. n. 18026/2025 e Cass. n. 16352/2025).
Altrettanto consolidato è il principio in base al quale, in ragione del combinato disposto dell’art. 17 comma 1 lett. c) del TUIR e dell’art. 105 del TUIR, le quote accantonate per il TFM degli amministratori possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, purché il riconoscimento dell’indennità risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo. Diversamente, l’indennità è deducibile per intero nell’esercizio in cui viene corrisposta (cfr., ex multis, Cass. n. 18026/2025 e Cass. n. 16352/2025).
In altri termini, la condizione per dedurre l’accantonamento al fondo TFM in ciascun esercizio è che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto.
La misura dell’accantonamento è invece rimessa alla contrattazione tra le parti, purché, come affermato dalla stessa Agenzia delle Entrate, essa sia determinata “secondo criteri di ragionevolezza e congruità rispetto alla realtà economica dell’impresa” (ris. Agenzia delle Entrate 13 ottobre 2017 n. 124).
Secondo la Cassazione, con questa direttiva dell’Amministrazione finanziaria, l’ammontare deducibile del TFM viene ad essere commisurato “non alle regole poste per la determinazione del trattamento di fine rapporto dei lavoratori subordinati, né al compenso pattuito per l’amministratore, ma piuttosto ad una prudenziale valutazione delle dimensioni della società” (Cass. 19 ottobre 2021 n. 28827).
In assenza di indicazioni più puntuali su quali siano i parametri che possano far considerare ragionevole e congruo l’importo stanziato annualmente al fondo TFM, vale la pena passare in rassegna i casi affrontati dalla giurisprudenza che si è occupata della questione, al fine di trarne alcune indicazioni utili per le valutazioni di congruità.
La C.G.T. II Toscana 31 ottobre 2023 n. 1079/1/23 ha affermato che, sulla base di una valutazione prudenziale, non contrasta con il principio di ragionevolezza e congruità un accantonamento annuo di 100.000 euro, a fronte di un reddito d’impresa pari a 300.000 euro. All’eccezione dell’Ufficio che considerava tale parametro non indicativo, i giudici hanno ribattuto che anche un utile civilistico di 55.000 euro “appare comunque non irrilevante”.
Secondo la C.T. Reg. Piemonte 11 febbraio 2022 n. 212/2/22, posto che la congruità del TFM deve essere valutata rispetto alla realtà economica dell’impresa (e non rispetto alla retribuzione annuale dell’amministratore che nel caso esaminato era pari a 180.000 euro), non può dirsi eccessivamente sproporzionato un accantonamento annuo di 150.000 euro, a fronte di un volume d’affari annuo mediamente di 2 milioni di euro.
Il volume d’affari è stato considerato un parametro rilevante anche dalla sentenza della Cassazione penale 27 giugno 2019 n. 28171, secondo la quale il compenso annuale erogato all’amministratore non è l’unico parametro utilizzabile per valutare la congruità del TFM, dovendo utilizzarsi anche quello del volume d’affari della società, nonché quello della valutazione dell’attività effettivamente prestata dall’amministratore nella gestione dell’impresa.
La C.G.T. I Reggio nell’Emilia 19 dicembre 2022 n. 265/1/22 ha invece ritenuto che, tenuto conto delle dimensioni della società (non precisate nella sentenza) e secondo parametri di buon senso, l’accantonamento al TFM non debba superare il 30% del compenso annuale dell’amministratore. Sulla stessa linea, la C.T. Reg. Lombardia 3 dicembre 2018 n. 5280/18/18 che ha avallato un accantonamento di 120.000 euro, pari al 20% del compenso dell’amministratore, in quanto determinato con ragionevolezza e congruità rispetto alla realtà specifica dell’azienda.
Infine, per il Tribunale di Milano 7 marzo 2022 n. 1938, la misura del TFM va stabilita secondo criteri di ragionevolezza e di proporzione rispetto al compenso annuo accordato all’amministratore, per cui deve ritenersi congruo un accantonamento pari al 10% di detto compenso.
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