Crediti del terzo accollante non compensabili
La preclusione opera a prescindere dalle modifiche apportate alla normativa fiscale dal DL 124/2019 convertito
Integra il delitto di indebita compensazione previsto dall’art. 10-quater del DLgs. 74/2000, il pagamento dei debiti fiscali mediante compensazione con crediti d’imposta a seguito di accollo fiscale compiuto attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.
Tale principio era già stato espresso dalla giurisprudenza, sulla base del fatto che l’art. 17 del DLgs. 241/97 non solo non prevede il caso dell’accollo, ma richiede che la compensazione avvenga unicamente tra i medesimi soggetti del rapporto d’imposta (cfr. Cass. n. 1999/2018).
Viene ora ribadita tale preclusione alla compensazione tributaria mediante crediti di un terzo accollante, a prescindere dalle modifiche apportate alla normativa fiscale dal DL 124/2019 convertito.
In questa direzione si muove la sentenza n. 30098, depositata ieri dalla terza sezione penale della Cassazione, in cui era emerso dai controlli eseguiti dall’Agenzia delle Entrate che il titolare di un’impresa individuale il 14 giugno 2018 aveva concluso un contratto di accollo con una srl, in forza del quale quest’ultima aveva assunto a proprio carico i debiti di imposta contributivi della ditta maturati e maturandi fino al 31 dicembre 2018.
Sulla base di tale contratto erano state effettuate, in due occasioni, compensazioni d’imposta a favore del titolare della ditta, utilizzando crediti d’imposta della srl. Tali compensazioni sono state ritenute indebite in quanto operate avvalendosi di crediti spettanti a un soggetto diverso rispetto al debitore d’imposta in favore e nell’interesse del quale sono state eseguite.
A tale conclusione i giudici di merito sono pervenuti non sulla base di quanto ora espressamente stabilito dall’art. 1 del citato DL 124/2019, secondo cui “chiunque, ai sensi dell’articolo 8 comma 2 della L. 212/2000, si accolli il debito d’imposta altrui, procede al relativo pagamento secondo le modalità previste dalle diverse disposizioni normative vigenti. Per il pagamento, in ogni caso, è escluso l’utilizzo in compensazione di crediti dell’accollante. I versamenti in violazione del comma 2 si considerano come non avvenuti a tutti gli effetti di legge. In tale eventualità, ferme restando le ulteriori conseguenze previste dalle disposizioni normative vigenti, si applicano le sanzioni di cui all’articolo 13 del DLgs. 471/1997”.
La condanna si fonda invece nel caso in questione sulla pacifica preclusione alla compensazione di debiti tributari mediante crediti di un accollante, che è stata ribadita nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 140 del 15 novembre 2017. La Cassazione precisa che – al di là di quanto espresso in tale circolare – tale interpretazione “era incontroversa nella giurisprudenza di legittimità, sia tributaria sia penale, anche anteriormente alla esecuzione delle compensazioni oggetto della contestazione”.
L’esclusione, infatti, si fonda sul principio secondo cui la compensazione tributaria può essere eseguita solo per i debiti (e i contrapposti crediti) esistenti tra i medesimi soggetti e non anche tra soggetti diversi, in quanto il requisito della reciprocità dei rapporti non ricorre quando quelli su cui si fondano i crediti contrapposti riguardano soggetti diversi (come avviene quando un soggetto voglia estinguere l’obbligazione nei confronti del proprio debitore avvalendosi di un credito che verso quest’ultimo è vantato da un terzo).
Vige in materia un principio di stretta interpretazione, richiamato dallo stesso art. 8 comma 8 e affermato dalla giurisprudenza tributaria, in particolare dalla sentenza n. 14588/2001 della Cassazione, nella quale è stato chiarito che, in tema di IVA, l’analitica regolamentazione, nella normativa vigente, dell’adempimento del contribuente, con la fissazione dell’ammontare, delle modalità e del tempo del versamento, e delle poste detraibili, esprime l’esercizio da parte della legge speciale della facoltà di derogare alle comuni disposizioni codicistiche sull’estinzione per compensazione.
La medesima giurisprudenza tributaria ha, tra l’altro, escluso la portata innovativa del citato art. 1 del DL 124/2019 (Cass. n. 23934/2024); e la Cassazione penale (nella pronuncia in commento e in quella risalente già citata) appare allineata nella medesima prospettiva.
La chiarezza interpretativa che viene delineata dalla sentenza in esame esclude anche ogni dubbio sul dolo del contribuente, chiamato ad avere contezza della normativa applicabile.
Viene così confermata la condanna, sebbene con riguardo a solo una delle condotte in quanto la prima doveva essere “assorbita” nell’altra trattandosi del medesimo anno di imposta.
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