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Lunedì, 3 novembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

LAVORO & PREVIDENZA

Dipendenti di organizzazioni internazionali con regime della totalizzazione

Il diritto alla libera circolazione si estende anche sul versante previdenziale

/ Federico ANDREOZZI

Lunedì, 3 novembre 2025

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Con la sentenza n. 27195/2025, la Cassazione si è pronunciata in materia di cumulo, ai fini previdenziali, dei contributi maturati in parte in Italia e in parte presso un’organizzazione internazionale, chiarendo come anche il cittadino dell’Unione europea che lavori in uno Stato membro diverso dal suo Stato d’origine e che abbia accettato un impiego in un’organizzazione internazionale sia titolare del diritto alla libera circolazione in tutte le sue implicazioni, anche sul versante previdenziale: ciò si traduce nella facoltà di cumulare alla contribuzione maturata in Italia i periodi contributivi perfezionati presso un’organizzazione internazionale, indipendentemente dall’erogazione di una pensione da parte di quest’ultima.

La controversia giunta all’attenzione della Suprema Corte sorgeva su un ricorso proposto dall’INPS avverso la pronuncia della Corte d’Appello di Trieste che, nel respingere il gravame promosso dall’ente, aveva confermato la sentenza del giudice di prime cure: aveva, cioè, ritenuto sussistente il diritto di un lavoratore di percepire la quota di pensione di vecchiaia in regime di totalizzazione estera, cumulando le 427 settimane di contribuzione maturate presso il Fondo lavoratori dipendenti e il periodo di contribuzione presso un’organizzazione internazionale, condannando l’INPS a corrispondere la relativa prestazione.

A fronte di tale pronuncia, l’ente previdenziale aveva presentato ricorso in Cassazione, sottolineando come la Corte di merito avrebbe errato nel riconoscere il diritto del lavoratore di totalizzare, ai fini del conseguimento della pensione di vecchiaia, i periodi di assicurazione maturati presso il Fondo pensioni lavoratori dipendenti con quelli maturati presso il regime previdenziale dell’organizzazione internazionale, non considerando che tali ultimi contributi erano già stati utilizzati per l’erogazione della pensione di vecchiaia corrisposta dall’organismo internazionale. Le argomentazioni dell’INPS sarebbero avvalorate dall’art. 18 comma 3 della L. 115/2015, nel punto in cui viene stabilito che i periodi assicurativi presso la previdenza dell’organismo internazionale possono essere considerati al fine di acquisire il diritto alla pensione secondo la normativa italiana, ad eccezione di quelli che siano stati oggetto di rimborso.
Investiti della controversia, i giudici di legittimità dichiarano il motivo infondato.

La Suprema Corte rileva come, in primo luogo, i giudici di merito abbiano correttamente evidenziato il principio della libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, che implica l’abolizione di ogni discriminazione in tema di impiego, di retribuzione e di altre condizioni di lavoro, ai sensi dell’art. 45 del TFUE.
Quindi, anche il cittadino dell’Unione che lavori in uno Stato membro diverso dal suo Stato d’origine e che abbia accettato un impiego in un’organizzazione internazionale è titolare del diritto alla libera circolazione, in tutte le sue implicazioni, anche sul versante previdenziale: il diniego alla totalizzazione dei periodi accreditati sotto la legislazione di più Stati membri si risolve in un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori (cfr. Corte di Giustizia Ue 4 luglio 2013 resa nella causa C-233/12).

Premessi tali punti cardine, la Cassazione passa all’analisi della normativa interna.
Nel dettaglio, l’art. 18 della L. 115/2015, nell’ammettere la facoltà di cumulare i periodi assicurativi maturati presso le organizzazioni internazionali e le gestioni assicurative interne, richiede un periodo di assicurazione di 52 settimane maturato secondo la legislazione italiana ed esclude che si possano cumulare i periodi di assicurazione destinati a sovrapporsi.

Ciò detto, i giudici di legittimità rilevano come le doglianze dell’istituto si fondassero sulla previsione dell’art. 15 comma 3 terzo periodo della L. 115/2015 che vieta di prendere in considerazione i periodi assicurativi compiuti nel regime pensionistico dell’organizzazione internazionale, allorché siano stati oggetto di rimborso, così parificando l’erogazione di un trattamento pensionistico da parte dell’organizzazione internazionale – fattispecie non specificamente prevista dalla legge – al rimborso dei contributi.

Tuttavia, afferma lapidariamente la Suprema Corte, tale prospettazione non può essere condivisa: “la lettura propugnata dal ricorrente s’infrange contro il significato proprio delle parole, ineludibile canone d’interpretazione del testo normativo”; infatti, il rimborso dei contributi significa la loro restituzione, restituzione che, evidentemente, differisce dall’erogazione del trattamento pensionistico sulla base dei contributi versati.

Diversamente, nell’ipotesi posta all’attenzione della Cassazione, i contributi non venivano restituiti, permanendo quindi nel circuito previdenziale e dovendo condurre, quindi, al riconoscimento della pensione.

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