La nomina di RSA spetta anche alle OOSS comparativamente più rappresentative
La Corte Costituzionale amplia il novero delle organizzazioni sindacali cui spetta il diritto di nominare rappresentanti sindacali aziendali
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 156/2025 pubblicata ieri, è nuovamente intervenuta sull’art. 19 della L. 300/1970, una delle norme più controverse dello Statuto dei lavoratori, già oggetto di una parziale abrogazione referendaria e di un precedente intervento additivo da parte degli stessi giudici costituzionali.
La disposizione normativa contenuta nell’art. 19 è particolarmente importante perché individua le organizzazioni sindacali che possono nominare rappresentanti sindacali aziendali (RSA), diritto cui si accompagnano tutti gli altri diritti sindacali previsti dal Titolo III dello Statuto dei lavoratori, relativi ad assemblee, referendum, bacheche sindacali e permessi dei rappresentanti sindacali.
Nella sua formulazione originaria il potere di nomina spettava: alle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale; alle associazioni, non affiliate a tali confederazioni, ma firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva.
A seguito del referendum abrogativo del 1995, il primo dei due criteri era stato abolito ed era rimasto come unico criterio selettivo quello di essere firmatari di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva.
La Corte Costituzionale era intervenuta con la sentenza n. 231 del 23 luglio 2013, in relazione alla complessa vicenda che aveva visto la FIOM esclusa dalle aziende del gruppo Fiat perché non aveva sottoscritto il primo contratto collettivo di gruppo, stabilendo che tale criterio era incostituzionale nella parte in cui non riconosceva il diritto di nomina delle RSA anche alle associazioni sindacali che, pur non sottoscrivendo l’accordo sindacale applicato in azienda, avessero comunque partecipato alle trattative, dimostrando così la loro rappresentatività.
La legittimità costituzionale dell’assetto normativo conseguente al referendum del 1995 e alla sentenza costituzionale del 2013 è stata posta in dubbio dal Tribunale di Modena con un’ordinanza del 14 ottobre 2024 (si veda “Alla Consulta il divieto alle organizzazioni non firmatarie del CCNL di istituire RSA” del 6 dicembre 2024), sottolineando che in questo modo si consente al datore di lavoro di intervenire nei rapporti interni tra sindacati, estromettendo non solo dal processo negoziale, ma anche dalle tutele previste dal Titolo III dello Statuto dei lavoratori, sigle sindacali pur dotate di effettiva rappresentatività a livello aziendale.
Con la sentenza n. 156/2025 la Consulta ha accolto la questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Modena, dal momento che la libertà negoziale del datore di lavoro di scegliere i propri interlocutori sindacali, riconosciuta dalla costante giurisprudenza di legittimità, non può tradursi nel potere di selezionare le sigle sindacali cui spetta la tutela rafforzata prevista dal Titolo III dello Statuto dei lavoratori.
Secondo la Corte costituzionale, però, non può essere rimesso al giudice ordinario di valutare caso per caso la rappresentatività sindacale mediante criteri empirici di misurazione, né possono essere utilizzati criteri diversi da quelli attualmente utilizzati dal legislatore. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 19 primo comma della L. 300/1970, nella parte in cui non prevede che le RSA possano essere costituite in ogni unità produttiva anche ad iniziativa delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Viene così adottato il criterio delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che il legislatore ha utilizzato in altri ambiti, come ad esempio nell’art. 51 del DLgs. 81/2015, per individuare le associazioni sindacali che possono stipulare contratti collettivi che integrano o derogano la disciplina organica dei contratti di lavoro regolati dal DLgs. 81/2015.
Pertanto, d’ora in avanti, occorrerà rifarsi ai criteri applicati dalla giurisprudenza per individuare le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative al fine di stabilire quali sindacati possono nominare RSA. Questo, di fatto, comporterà sicuramente un ampliamento del numero delle sigle sindacali che possono vantare questo diritto, cui si collegano gli altri diritti sindacali previsti nel Titolo III dello Statuto dei lavoratori.
La Consulta, nell’ultima parte della pronuncia, sottolinea, però, come sarebbe necessario un intervento del legislatore per riscrivere in modo organico la disciplina contenuta nell’art. 19 della L. 300/1970 al fine di valorizzare l’effettiva rappresentatività in azienda quale criterio di accesso alla tutela promozionale delle organizzazioni dei lavoratori contenuta nel Titolo III dello Statuto dei lavoratori. Non si può, quindi, escludere che, qualora il legislatore non intervenga sulla materia, in futuro i giudici costituzionali intervengano nuovamente per attribuire rilevanza al dato della rappresentatività in azienda, che il criterio del sindacato comparativamente più rappresentativo sul piano nazionale adottato con la pronuncia di ieri non è in grado di soddisfare.
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