Il fallimento preclude l’esdebitazione dell’incapiente del Codice della crisi
Il debitore incapiente, già fallito e che non ha fruito del beneficio ex art. 142 L. fall., non può poi invocare il beneficio di cui all’art. 283 del DLgs. 14/2019
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30108 di ieri, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale il debitore incapiente, già dichiarato fallito e che non abbia fruito, per qualsiasi ragione, del beneficio dell’esdebitazione di cui all’art. 142 del RD 267/42, non può successivamente invocare il diverso beneficio dell’esdebitazione dell’incapiente, disciplinato dall’art. 283 del DLgs. 14/2019 (CCII), qualora l’esposizione debitoria si riferisca a quella già afferente alla procedura originata dalla dichiarazione di fallimento.
Relativamente al caso in esame, si tratta di comprendere se il soggetto già dichiarato fallito, e che non abbia usufruito dell’esdebitazione ex art. 142 del RD 267/42, possa in un secondo momento, accedere all’istituto della “esdebitazione del sovraindebitato incapiente” previsto dall’art. 283 del CCII, sulla scia dell’analogo istituto dell’esdebitazione del “debitore incapiente” di cui all’art. 14-quaterdecies della L. 3/2012.
Sul tema la giurisprudenza, affrontando una questione similare (Cass. n. 14835/2025), è giunta a ritenere che, in tema di esdebitazione, l’istanza proposta dopo l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (15 luglio 2022) da soggetto dichiarato fallito anteriormente, resta disciplinata dalla legge fallimentare, stante il silenzio della disciplina transitoria di cui all’art. 390 del CCII, che non menziona le procedure di esdebitazione.
Trova applicazione, invece, la regola generale di cui all’art. 389 del CCII, per cui le domande di cui si tratta, depositate dopo l’entrata in vigore del CCII, sono assoggettate alla nuova disciplina sull’esdebitazione.
I debitori assoggettati alla procedura del fallimento, così come regolata dagli artt. 1 ss. del RD 267/42, ovvero alla procedura di liquidazione del patrimonio, così come prevista dagli artt. 14-ter ss. della L. 3/2012, possono chiedere il beneficio dell’esdebitazione solo a fronte dei presupposti soggettivi e oggettivi e nel rispetto delle norme procedurali previste, rispettivamente, dagli artt. 142 ss. del RD 267/42 e dall’art. 14-terdecies della L. 3/2012, dovendosi escludere che le relative domande, solo perché depositate dopo il 15 luglio 2022, siano assoggettate alle norme dettate dagli artt. 278 ss. del CCII oppure dagli artt. 282 ss. del CCII.
A sostegno di tale soluzione si invoca, in primo luogo, la circostanza che l’esdebitazione regolata dalla legge fallimentare e dalla L. 3/2012 non è un istituto a sé stante, casualmente collegato al fallimento (o al sovraindebitamento) in ragione di un mero dato temporale, ma attiene alla fase conclusiva della rispettiva procedura, della quale è destinata a completare gli effetti.
Al riguardo, gli artt. 142 e ss. del RD 267/42, così come l’art. 14-terdecies del L. 3/2012, formano un unico corpus normativo con le disposizioni che li precedono e integrano a pieno titolo la complessiva disciplina, rispettivamente, del fallimento e della liquidazione del patrimonio del debitore in stato di sovraindebitamento, delle quali, pertanto, sono destinati a mutuare l’efficacia ultrattiva espressamente prevista nei loro riguardi dall’art. 390 comma 2 del CCII.
In secondo luogo, si osserva come il disposto degli artt. 142 comma 1 del RD 267/42 e 14-terdecies della L. 3/2012 riservi chiaramente – in modo espresso con il primo, in modo implicito con il secondo – il beneficio dell’esdebitazione al “fallito” e al “debitore in stato di sovraindebitamento”, così come gli artt. 278 ss. del CCII riservano il beneficio dell’esdebitazione esclusivamente al debitore per i crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito di una procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata (delle quali, pertanto, presuppongono l’apertura e lo svolgimento, secondo le rispettive discipline sostanziali e procedurali).
Se l’esposizione debitoria è maturata in relazione a una pregressa dichiarazione di fallimento, la mancata fruizione, per qualsiasi ragione, del beneficio dell’esdebitazione disciplinata dall’art. 142 del RD 267/42 nei tempi e alle condizioni previste dalla norma, non consente, quindi, al debitore fallito, in un secondo momento, di avvalersi del nuovo beneficio per l’incapiente, introdotto nel 2020 alla L. 3/2012 e, successivamente, nell’art. 283 del CCII, stante l’inscindibile correlazione tra il beneficio invocato e i debiti regolati dalla procedura fallimentare. Gli stringenti vincoli posti dall’art. 142 del RD 267/42 a garanzia dei creditori rimasti insoddisfatti – sui quali gli stessi potevano legittimamente confidare – infatti resterebbero, altrimenti, superati e stravolti, perdendo a posteriori ogni effetto.
I giudici precisano altresì che a conclusioni potenzialmente diverse si arriverebbe, invece, qualora il beneficio dell’esdebitazione venisse invocato dal sovraindebitato incapiente a fronte di un’esposizione debitoria maturata successivamente al fallimento.
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