Sopravvenienze attive da esdebitamento detassate anche nel Codice della crisi
Il regime di favore previsto dal TUIR viene esteso agli istituti liquidatori e di risanamento previsti dal DLgs. 14/2019
Con una norma di interpretazione autentica, l’art. 8 del DLgs. 4 dicembre 2025 n. 186 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di ieri) estende anche alle procedure e agli istituti previsti dal DLgs. 14/2019 (c.d. Codice della crisi d’impresa, CCII) il regime di favore previsto dall’art. 88 comma 4-ter del TUIR per le sopravvenienze attive da riduzione dei debiti.
Si ricorda che tale disposizione stabilisce, per le sopravvenienze in esame, la non imponibilità integrale per quelle derivanti da istituti attivati con finalità liquidatoria (concordato fallimentare o preventivo liquidatorio) oppure da procedure estere equivalenti, mentre stabilisce una parziale detassazione qualora le sopravvenienze attive siano maturate per effetto di istituti funzionali alla prosecuzione dell’attività d’impresa (concordato di risanamento, accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ex art. 182-bis del RD 267/42, piano attestato di risanamento ex art. 67 comma 3 lett. d) del citato RD 267/42) e procedure estere equivalenti.
Nel secondo caso, è previsto che la riduzione delle passività dell’impresa – comprese quelle nei confronti dei soci – non costituisca sopravvenienza attiva per la parte di sopravvenienza che eccede la somma:
- delle perdite fiscali correnti o pregresse suscettibili di essere compensate ai sensi dell’art. 84 del TUIR (senza considerare, dunque, il limite dell’80%), comprese quelle trasferite al consolidato fiscale;
- della deduzione di periodo e dell’eccedenza relativa all’ACE ex art. 1 comma 4 del DL 201/2011 e DM 3 agosto 2017;
- degli interessi passivi e degli oneri finanziari assimilati di cui all’art. 96 comma 4 del TUIR.
L’intervento correttivo fa seguito ad alcuni chiarimenti discordanti dell’Agenzia delle Entrate in merito all’estensibilità di tale agevolazione agli istituti previsti dal CCII.
Ad esempio, con la risposta a interpello n. 179/2025, il regime di favore era stato considerato inapplicabile alle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti derivanti dal concordato semplificato di cui agli artt. 25-sexies e 25-septies del DLgs. 14/2019. Diversamente, con la precedente risposta a interpello n. 222/2024, l’Agenzia delle Entrate aveva esteso la detassazione alle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti derivanti dai piani attestati di risanamento previsti dall’art. 56 del del DLgs. 14/2019, in virtù delle medesime finalità perseguite dai piani disciplinati dall’art. 67 comma 3 lett. d) del RD 267/42.
Con l’intento di dissipare ogni dubbio al riguardo, l’art. 8 del DLgs. 186/2025 afferma che l’art. 88 comma 4-ter del TUIR si interpreta nel senso che non si considerano sopravvenienze attive:
- in regime di integrale non imponibilità, le riduzioni dei debiti dell’impresa anche in sede di concordato nella liquidazione giudiziale, di concordato minore liquidatorio e di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio;
- in regime di non imponibilità parziale (come sopra delineato), le riduzioni dei debiti dell’impresa anche nei casi di concordato minore in continuità aziendale, di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (ai sensi degli artt. 57, 60 e 61 del CCII), di un piano attestato ai sensi dell’art. 56 del citato CCII, pubblicato nel Registro delle imprese, ovvero di un piano di ristrutturazione soggetto a omologazione.
Nella versione originaria, lo schema di DLgs. prevedeva la sostituzione integrale del testo dell’art. 88 comma 4-ter del TUIR, al fine di “affiancare” l’elenco degli strumenti di regolazione della crisi previsti dal RD 267/42 a quello degli istituti contemplati dal DLgs. 14/2019.
Così formulata, la norma aveva però suscitato le perplessità della Commissione Finanze della Camera, secondo la quale l’estensione del regime di non imponibilità (totale o parziale) a nuove procedure avrebbe potuto produrre un sostanziale ampliamento “dell’ambito di applicazione della disciplina, con conseguenti oneri per la finanza pubblica”. Il Governo era stato quindi invitato “a chiarire se questi nuovi istituti non fossero già, per via interpretativa, esclusi dalla base imponibile” e, di conseguenza, a valutare l’opportunità di introdurre una norma di interpretazione autentica, volta a estendere la non imponibilità “ai nuovi istituti con finalità liquidatoria e non liquidatoria” introdotti dal DLgs. 14/2019.
Accogliendo la proposta, la norma è stata quindi riformulata, con effetto retroattivo data la natura interpretativa. Viene però stabilito che le maggiori imposte eventualmente versate per effetto di interpretazioni difformi non saranno rimborsate.
Quanto sopra, in attesa che venga attuato l’art. 9 comma 1 lett. a) n. 3) della L. 111/2023, ai sensi del quale i relativi DLgs. attuativi dovranno prevedere l’estensione a tutti gli istituti disciplinati dal DLgs. 14/2019 delle disposizioni previste dagli artt. 88 comma 4-ter e 101 comma 5 del TUIR (in materia di perdite su crediti).
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