I professionisti alzano la voce contro il blocco dei pagamenti
L’emendamento governativo, che ha esteso la portata della norma inserita nella legge di bilancio, ha provocato la condanna unanime del comparto
Nuovo coro di proteste dopo la riformulazione della norma contenuta nella legge di bilancio che subordina il pagamento dei compensi ai professionisti all’attestazione della loro regolarità fiscale e contributiva. L’emendamento presentato dal Governo e bollinato dalla Ragioneria Generale, infatti, ha ampliato la portata della disposizione, prevedendo che si applichi non solo ai pagamenti erogati dalla Pubblica Amministrazione, ma anche a quelli corrisposti da soggetti diversi dalla P.A. per incarichi con compensi a carico dello Stato.
Se la prima versione aveva già fatto storcere il naso ai rappresentanti delle categorie professionali, quella emendata ha provocato una condanna pressoché unanime. Elbano de Nuccio, in qualità di Presidente dell’associazione “Professionisti insieme”, ha parlato di norma “ingiustamente vessatoria” per tutti i professionisti che, “non essendo prevista alcuna soglia, si troveranno a vedere bloccati i propri pagamenti anche per violazioni connesse a importi irrisori, a fronte di prestazioni lavorative e impegno professionale spesi in favore della P.A., che se ne è comunque avvantaggiata per il perseguimento degli interessi pubblici a cui è preposta”.
C’è, poi, l’aspetto dell’“aggravio burocratico”, dato che i professionisti saranno ripetutamente tenuti a chiedere l’attestazione di regolarità fiscale (all’Agenzia delle Entrate) e contributiva (alla Cassa di appartenenza), e quello legato alla “discriminazione” rispetto ai funzionari pubblici non appartenenti alle qualifiche dirigenziali, che “comunque avranno diritto alla retribuzione, a prescindere dalla loro situazione fiscale”.
Per questo, si chiede l’eliminazione della previsione normativa, una richiesta rilanciata anche da Consiglio nazionale forense, Confprofessioni e i sindacati di diverse categorie professionali. Il Presidente degli avvocati, Francesco Greco, annuncia che il CNF sta valutando i “profili di incostituzionalità” di una norma che “lede il diritto al lavoro in una fase economica già critica per i ceti professionali, viola il principio di uguaglianza e crea una disparità di trattamento ingiustificata tra chi opera con clienti privati e chi lavora con la P.A., prevedendo il blocco dei compensi anche in presenza di irregolarità solo contestate e non definitive”.
Secondo il Presidente di Confprofessioni, Marco Natali, si tratta di una norma “sproporzionata che, come emendata, estenderebbe gli effetti negativi nei confronti dei professionisti, contrastando, peraltro, con quanto già previsto dall’art. 48 bis del D.P.R. 602/1973 in tema di pagamenti delle pubbliche amministrazioni, e producendo, di conseguenza, ulteriori complicazioni burocratiche ed incertezze applicative”. In più, ha aggiunto, si rischia anche di “alimentare percezioni ingiustamente negative nei confronti dei liberi professionisti, fondate su stereotipi che meritano di essere definitivamente superati”.
“Pur riconoscendo – ha spiegato il Presidente dell’ADC, Gianluca Tartaro – la legittimità dell’obiettivo di rafforzare la riscossione, riteniamo che la norma colpisca in modo selettivo una sola categoria di lavoratori, introducendo un trattamento sproporzionato e privo di adeguate garanzie”. Di qui, l’auspicio che la norma, se non espunta totalmente dal testo della legge di bilancio, possa essere quantomeno modificata, anche perché “contraddice le numerose dichiarazioni, rese da tutte le parti politiche, di porre i professionisti al centro del sistema economico del Paese”.
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