Impresa familiare con diritto di prelazione fino a cessazione dell’attività lavorativa
Con l’ordinanza n. 33596 del 22 dicembre scorso la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di impresa familiare, con particolare riferimento al diritto di prelazione sancito dal comma 5 dell’art. 230-bis c.c., in caso di divisione ereditaria o di trasferimento d’azienda.
Nel dettaglio, i giudici di legittimità hanno chiarito come, per l’individuazione del limite temporale del perdurare del diritto di prelazione sull’azienda, che il comma 5 dell’art. 230-bis c.c. riconosce ai partecipi che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa nella famiglia o nell’impresa familiare (ai sensi del comma 1 dell’art. 230-bis c.c.), si deve avere riguardo al momento della cessazione definitiva dell’attività di lavoro; il diritto di prelazione può essere quindi attribuito solo laddove persista il fatto concreto relativo alla prestazione di un’attività di lavoro continuativa, che viene meno soltanto con la cessazione definitiva di tale condizione di fatto.
Non deve essere considerato, invece, il momento dell’eventuale successiva liquidazione della quota di partecipazione, costituente un diritto di credito la cui corresponsione potrebbe avvenire a lunga distanza dalla data di maturazione del diritto.
Infatti, spiega la Corte, avendo riguardo alla ratio della norma, sarebbe “contradditorio” attribuire rilevanza, ai fini dell’estinzione del diritto di prelazione, al momento della liquidazione del diritto di credito, anziché al momento precedente che determina la cessazione della prestazione dell’attività lavorativa per qualsiasi causa da parte del familiare.
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