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EDITORIALE

Maggiori poteri impongono maggiori responsabilità

/ Enrico ZANETTI

Mercoledì, 17 febbraio 2010

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Dobbiamo preoccuparci o essere lieti della maggiore facilità con la quale l’Agenzia delle Entrate potrà ottenere l’iscrizione di ipoteche o l’approvazione di sequestri conservativi, ogni qual volta ritenga che possano sussistere pericoli per la riscossione di tributi, interessi o sanzioni?
La circolare n. 4/E del 15 febbraio 2010, con la quale l’Agenzia ha fatto il punto sulle procedure cautelari per la riscossione, a seguito delle novità introdotte dal DL 185/2008 e dal DL 78/2009, riporta al centro del dibattito una domanda che non ci poniamo soltanto come professionisti, ma anche e soprattutto come cittadini.
Sarebbe degno del peggiore degli ipocriti dichiararsi nemico dell’evasione fiscale e poi disapprovare norme volte a rendere più efficace il recupero di imposte e sanzioni da parte di coloro che non soltanto non adempiono spontaneamente al proprio dovere, ma anzi, una volta “pizzicati”, cercano di sottrarsi ad esso dissimulando i propri patrimoni.
Senza contare che in un Paese simbolo della tutela delle libertà individuali, quale gli Stati Uniti, nei casi più gravi l’Erario non esita a mettere direttamente le mani nei conti correnti dei contribuenti, per prelevare quanto da essi dovuto.

Eppure, non c’è da vergognarsi, né tanto meno da sentirsi ipocriti, se si ammette che, di fronte a provvedimenti che ampliano in misura sostanziale e significativa i poteri esercitabili nei confronti di cittadini e imprese, viene spontaneo arricciare le labbra e pensare: “Sì, va bene, ma…”.
Sì, va bene, ma siamo consapevoli in questo Paese che maggiori poteri devono sempre accompagnarsi a maggiori responsabilità?
Sì, va bene, ma siamo consapevoli che in questo Paese la giustizia tributaria è affidata a una magistratura non professionale nell’ambito della quale encomiabili eccellenze si accompagnano a componenti di commissioni che di fisco si occupano poco o nulla (anche a causa di una disciplina sulle incompatibilità applicata in modo totalizzante)?

È senz’altro legittima la volontà di un Ente che lavora per lo Stato di disporre di poteri più stringenti nei confronti dei cittadini, al fine di perseguire con maggiore efficacia il compito cui è istituzionalmente preposto a favore della collettività.
Tuttavia, fino a quando non si avrà la certezza che, anche nella pubblica amministrazione, chi sbaglia, cagionando un ingiusto danno a un cittadino, risponde in prima persona del suo mal operato, qualsiasi accrescimento di poteri verrà percepito come un’arma messa in mano a soggetti irresponsabili (nel senso tecnico di “non responsabili”).
Inoltre, tanto maggiori sono i poteri che si invocano e che vengono messi a disposizione, altrettanto maggiore deve essere l’approccio legalitario e “timorato” di chi esercita quei poteri.
Le numerose violazioni dello Statuto del contribuente e le interpretazioni talvolta degne di un avvocato di parte, piuttosto che di un soggetto istituzionale (per tutte, basti solo pensare ai dieci anni che ci sono voluti perché l’Amministrazione finanziaria smettesse di interpretare gli studi di settore come strumenti di accertamento automatico, senza nemmeno contradditorio), rendono del tutto legittimi i mal di pancia di chi non è un fan dell’evasione fiscale, bensì semplicemente un contribuente che si chiede se c’è abbastanza cultura delle regole e senso di responsabilità da legittimare l’attribuzione di poteri a senso unico sempre maggiori.
Né, per le ragioni che abbiamo accennato, rasserena del tutto la circostanza che le misure cautelari risultino applicabili solo previo via libera da parte del giudice tributario.

Il problema non è se mettere o non mettere in campo l’artiglieria pesante contro l’evasione fiscale e la sottrazione al pagamento di imposte e sanzioni, perché è del tutto evidente che bisogna metterla.
Il problema è costruire le premesse per potersela permettere.

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