Una previdenza con troppi privilegi
Bisogna modificare questo «welfare a testa in giù» e proporre un modello più equo
Pubblichiamo l’intervento di Luigi Carunchio, presidente dell’UNGDCEC.
Il tema della previdenza è ormai da tanto tempo oggetto delle battaglie sindacali dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti. La lettera-sfogo di qualche giorno fa di un collega (si veda “Versare alla nostra Cassa di previdenza più del 10%? No, grazie” dell’11 novembre 2010) esprime, purtroppo, un diffuso ma concreto sentimento di sfiducia tra i colleghi, che è anche il sentimento di sfiducia che vivono le giovani generazioni verso gli attuali sistemi di welfare di qualunque settore lavorativo, laddove risultano tutelati solo alcune generazioni. Non c’è alcun dubbio che la lacerante iniquità intergenerazionale non aiuta l’equilibrio degli attuali sistemi previdenziali e, quindi, oggi il primo sforzo deve essere proprio quello di lenire tale differente trattamento.
Non è corretto che pochi continuino a prendere tanto e che tanti prenderanno troppo poco. Purtroppo come giovani generazioni dobbiamo avere due consapevolezze. In parte “i buoi sono scappati” e, cioè, alcune generazioni hanno ormai consumato o maturato in modo intoccabile le iniquità a seguito di ben note miopie della politica di questo Paese, che, a partire dagli anni ’60 e per circa 30 anni, ha usato la previdenza per carpire consenso in danno delle generazioni future e delle quali tutti hanno irresponsabilmente approfittato. In pratica, si utilizzava la previdenza per calmierare gli squilibri occupazionali. L’amarezza è tanta, così come tanta è la rabbia. Così come sempre è stata alta, forte e chiara, la voce del nostro sindacato contro queste iniquità. In questo senso, non abbiamo avuto timore a sostenere che quando i diritti quesiti e quelli acquisiti, di alcune generazioni ledono i diritti di quelle successive, questi non possono essere definiti diritti, ma privilegi. Questa cosa deve essere chiara a chi governa la previdenza di questo Paese, a chi sta usufruendo di tali privilegi e ai giovani che pagheranno presto o tardi per colpe che non hanno.
Un sindacato responsabile, però, non può fermarsi alla rabbia, ma deve suggerire soluzioni e proposte serie e responsabili. Questo è il secondo livello di consapevolezza da aver ben presente. Se la pensione non ce la costruiamo noi da soli, oramai non ce la regalerà nessuno perché i tempi dei deficit fatti pesare sulle altrui spalle è ormai finito. Saremo condannati a versare di più per avere di meno. È evidente che ognuno vuole essere messo nelle condizioni di poter valutare se il versamento fatto nei confronti della propria cassa di appartenenza valga di più di quello eventualmente fatto per una pensione integrativa. Altrettanto vero è che i maggiori versamenti le Casse dei professionisti dovranno saperseli meritare, con fatti concreti.
A nostro avviso, si può ancora fare qualcosa per intervenire sulle iniquità intergenerazionali. In questo senso il progetto di legge Lo Presti, che prevede la possibilità di utilizzare il contributo integrativo per finanziare i montanti contributivi individuali, è un buon inizio che va assolutamente sostenuto con energia e risolutezza e che darebbe, ai colleghi che si pongono questa domanda, una risposta sul perché versare un’aliquota maggiore. Infatti, una volta che il disegno di legge in questione sarà diventata legge definitiva dello Stato, si potrà/dovrà superare a piè pari la difficoltà oggi manifestata dai Ministeri Vigilanti nei confronti della nostra Cassa, volta a ripartire una quota del contributo integrativo per migliorare i tassi di sostituzione delle giovani generazioni. A tal proposito, va sottolineata l’attività di questo Consiglio di Amministrazione che, nel solco della incisiva attività svolta dal precedente, si sta battendo per conseguire l’importante obiettivo, in ciò sostenuto dall’AdEPP, che da lungo tempo ha fatto proprio il problema dell’adeguatezza che affligge tutte le Casse che utilizzano il metodo di calcolo contributivo.
I giovani si chiedono: sono sufficienti questi provvedimenti? Occorrono interventi più incisivi? I diritti acquisiti sono tali davvero? E fino a quando sono intoccabili? Chi oggi ha ripreso tutto quanto versato e, non sazio, ha fatto ricorso contro il contributo di solidarietà è destinatario di diritti acquisiti? Il nostro sindacato è responsabile, lo sono anche i giovani di oggi, ma non bisogna approfittarsene. Dobbiamo anche dirci una verità: a volte i peggiori nemici dei giovani sono proprio i giovani, che hanno difficoltà a vivere una dimensione sociale e uscire allo scoperto per proporre un domani migliore. Vogliamo conoscere e far conoscere il meccanismo previdenziale in modo che ognuno di noi sia nelle condizioni di costruirsi una previdenza utile al proprio futuro quando è ancora in tempo per farlo. La protesta è molto utile per accendere i riflettori sul problema. Un collega lo ha fatto, questo sindacato lo sta facendo, allora usciamo allo scoperto per cambiare questo “welfare a testa in giù” e proporre responsabilmente, ma energicamente, un modello più equo. Questo sindacato è pronto: siamo certi che lo siano anche i giovani dottori commercialisti e allora miglioriamo il Paese proprio a partire dai suoi sistemi di welfare. Per far sì che ciò si realizzi occorrono capacità, competenza, tenacia, relazioni e, ultimo ma non meno importante, spirito solidale in favore della categoria tutta.
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