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Quote di genere: donne nei CdA, Italia fanalino di coda

/ REDAZIONE

Martedì, 12 luglio 2011

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Nel 2010, la presenza femminile nei Consigli di amministrazione delle maggiori aziende italiane è stata pari al 3,4%. Un livello che in Europa è più alto solo del Portogallo.

Il dato è emerso durante il convegno “Le quote di genere nei Consigli di amministrazione e nei Collegi sindacali”, svoltosi ieri a Palazzo Marini e frutto della ricerca “Women in boardroom: a global perspective” della Deloitte che ha organizzato l’incontro in collaborazione con Fondazione Bellisario, CNDCEC, Egon Zehnder e Professional Women’s Association.
Si tratta di una relazione dettagliata sulle normative volte a favorire la partecipazione delle donne nei CdA di dodici Paesi: Australia, Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti.

La ricerca evidenzia come Paesi quali Stati Uniti e Regno Unito, pur non avendo alcun provvedimento normativo analogo a quello approvato in Italia, possono vantare una rappresentanza femminile nei cda ben superiore alla nostra (Stati Uniti 15% e Regno Unito 12%). In Paesi scandinavi come Svezia e Norvegia, che già da tempo hanno adottato interventi normativi, la percentuali delle donne nei consigli è superiore al 30%. Altri paesi, come ad esempio la Germania, la Spagna e, più lontano da noi, l’Australia, hanno invece preferito lo strumento dei codici di autodisciplina senza ricorrere a specifici interventi normativi. I risultati, anche se non appaiono esaltanti, anche in questo caso sono superiori ai nostri (Australia e Germania 8%, Spagna 9%).

Il convegno è stato organizzato per confrontarsi sulla recente approvazione della legge che norma la presenza femminile nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali, prevedendo una quota pari al 20% nel primo mandato (2012-2015) che sale al 30% dal secondo (2015-2018). A rappresentare il CNDCEC era presente Giulia Pusterla, consigliere nazionale con delega alle Pari Opportunità, che ha ricordato come la componente di genere sia fondamentale nella società civile e come il CNDCEC si sia schierato fin da subito a favore del Ddl. fermo al Senato. “Questa legge è solo il punto di partenza – ha affermato la Pusterla –. Da un lato, infatti, le donne dovranno dimostrare competenza, professionalità e merito affinché, alla fine dei mandati previsti per legge, la nostra presenza passi dal 30% ad un 50% che considero fisiologico. Dall’altro per risolvere definitivamente i problemi legati alla conciliazione, tutta femminile, tra l’impegno professionale ed il proprio ruolo all’interno della famiglia, attraverso un efficiente sistema di welfare. La temporaneità della norma – conclude – applicabile solo per i primi tre mandati è sufficiente per scardinare le attuali rendite di posizione, ma non è sufficiente per crearne di nuove”. (Redazione)

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