Disponiamo per legge l’esenzione dei redditi di colf e badanti
Sarebbe giusto da un punto di vista formale, dato che nessuno o quasi dichiara tali redditi e l’Amministrazione finanziaria non effettua controlli
Collaboratori familiari e badanti hanno un contratto di lavoro e sono iscritti all’INPS e all’INAIL.
I datori di lavoro privati trimestralmente pagano i contributi, ovviamente per chi è assunto in regola.
Sotto l’aspetto tributario, correttamente non è stato applicato il regime delle ritenute, se non altro per oggettive difficoltà pratiche: sarebbe derivato l’obbligo di versarle e di redigere il modello 770, più o meno semplificato.
Ma non per questo le retribuzioni sono escluse dalle imposte.
Risulta in realtà che nessuno o quasi nessuno dichiari questi redditi, e che l’Amministrazione finanziaria, pur potendo aver agevolmente gli elenchi dei soggetti interessati, non effettua alcun controllo.
Condividiamo l’impostazione data: è infatti del tutto inutile gravare le famiglie, perché alla fine così accadrebbe, di inutili oneri, e quindi si mandano di fatto esenti questi redditi.
Da un punto di vista logico-sostanziale, tutto a posto. Da un punto di vista formale, no.
Perché allora non disporre per legge l’esenzione di questi redditi, così da sistemare il tutto? Ciò corrisponderebbe a un’esigenza sociale.
Tra l’altro, proprio colf e badanti stanno dando un forte aiuto alle malandate casse (da un punto di vista attuariale) dell’INPS. Difficilmente, al rientro nel loro Paese, colf e badanti stranieri chiederanno a 65 anni la pensione, avendone maturato il diritto. Quindi gran parte di questi contributi sono versati a fondo perduto.
Si tenga anche presente che si tratta di compensi che nemmeno sono deducibili, da parte di chi li eroga, se non per l’importo relativo ai contributi.
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