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LETTERE

Sull’unificazione delle Casse, il Legislatore cerca di dividerci

Sabato, 12 novembre 2011

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Carissimo Direttore,
chi parla di unificazione degli Ordini dei dottori commercialisti e dei ragionieri, di unificazione delle Casse di Previdenza e lo fa con il cuore, con il sentimento, con l’utopia che è propria della nuova generazione spinge tutti noi a condividerne i ragionamenti.
Ciò va visto, però, anche come il segnale di un bisogno – intrinseco in ciascuno di noi – di sviluppare più forti strategie difensive per la tutela degli Ordini dei dottori commercialisti, ormai palesemente bistrattati.

L’unificazione è stata il frutto di una strategia tesa a ricevere da parte politica alcune prerogative che ad oggi ancora non si vedono: troppe logiche corporativistiche e forze sociali contrarie ci hanno superato e battuto sul campo.
Chi ha visto quali siano i risultati della scelta attuata non può certo esultare per il successo atteso, che non c’è stato. Nessuna prerogativa nuova è stata realmente conseguita, anzi.

Abbiamo subìto un incremento di oneri negli studi sia in termini economici sia in termini di rischio professionale; infatti, molte delle attività che prima erano svolte dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate oggi le svolgiamo noi (controlli sulla regolarità dei calcoli, studi di settore, acquisizione dati rilevanti per le verifiche con i questionari, ecc.), per non parlare delle leggi sull’antiriciclaggio con i nuovi adempimenti obbligatori, della privacy con nuovi e ripetuti controlli affinché non si trattino dati personali o addirittura sensibili, e così via.

Siamo entrati nel pieno della battaglia politica non come soggetti, ma come oggetto dei continui attacchi di tutte le categorie, che vedono il nostro tentativo di auto-determinarci come un mezzo oscuro per chissà quale vantaggio economico.
Il problema serio da evidenziare non è tanto l’unità della professione, ma soprattutto l’unificazione delle Casse di Previdenza, e chi vi scrive è stato delegato della Cassa Dottori Commercialisti per due mandati e conosce bene i problemi che si vogliono tacere pubblicamente.

Il Legislatore cerca di dividere la categoria sul tema, per arrivare poi, alla fine, a dover intervenire con una legge per risolvere un nostro falso problema, ma anche un grosso spauracchio per le casse dello Stato (mettere mano ai fondi pubblici per ripianare i debiti impliciti dei ragionieri).
Mi spiego meglio.

La L. n. 34/2005, all’art. 4, prevedeva un percorso che, ricorrendone le condizioni, avrebbe potuto portare anche alla fusione delle Casse di Previdenza dei dottori commercialisti e dei ragionieri senza alcun costo a carico dello Stato.
Ebbene, non si comprende perché, nel caso di default di un qualsiasi ente pubblico che si occupi di previdenza, materia costituzionalmente protetta, debba intervenire solo una categoria, la nostra, e non lo Stato.
Sarebbe come dire a un condomino del primo piano di sobbarcarsi le spese di un altro condomino dello stesso piano, pur in presenza di un condominio molto affollato, magari solo perché i capifamiglia fanno lo stesso lavoro.

Non si capisce bene perché, facendo riferimento alla sola nostra categoria professionale, debbano essere fatte due considerazioni diverse da parte del Legislatore in due periodi differenti: la prima al tempo della privatizzazione delle Casse di Previdenza, quando lo Stato ha volutamente trascurato il debito implicito derivante dalle uscite prevedibili sulla base dei soggetti iscritti a quella data; la seconda quando scarica, ancora una volta, il problema della sostenibilità del nostro ente di previdenza sui soli iscritti, “costringendolo” ad adottare nuovi criteri pensionistici necessari per una possibile fusione con i ragionieri e a  modificare il cosiddetto “tasso di sostituzione” (diminuzione delle pensione) in maniera tanto rilevante da creare serie preoccupazioni in ciascuno di noi per la sostenibilità del nostro tenore di vita, anche questo costituzionalmente protetto.

I circa 50.000 o 100.000 dottori commercialisti ed esperti contabili iscritti, membri di una categoria divisa o unita che la si voglia intendere, non saranno capaci di intaccare minimamente la volontà di un Legislatore preoccupato unicamente di riequilibrare i conti dello Stato e di trovare una possibile soluzione al problema occupazionale derivante dallo smembramento dei poli industriali.


Teodosio Prete
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Brindisi
Delegato ANDOC

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