Cartelle Equitalia, sistemiamo questa «emergenza» con tanto buon senso
Caro Direttore,
registro con favore, e lo aspettavo da almeno tre anni, che il DL 212/2011 ha introdotto nel nostro ordinamento l’accordo di ristrutturazione del debito, cui potranno accedere i cosiddetti soggetti non fallibili, consumatori e piccoli imprenditori, che non siano più in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.
La proposta di accordo, favorita dall’attività di organismi di composizione della crisi e controllata dal Tribunale ordinario che procede poi all’omologazione, deve prevedere il regolare pagamento dei creditori estranei all’intesa e l’integrale pagamento dei creditori privilegiati che non abbiano rinunciato, anche solo parzialmente, al privilegio. Il debitore potrà ottenere l’esdebitazione mettendo a disposizione dei creditori il suo patrimonio e i suoi redditi futuri. L’omologazione richiede infine l’adesione di almeno il 70% dei creditori, quorum che si riduce al 50% ìn caso di proponente qualificabile come consumatore.
Il neointrodotto istituto non sembra risolvere in radice il problema, particolarmente sentito dai piccoli contribuenti, del cumulo delle cartelle di pagamento di Equitalia, delle quali è da attendersi comunque, in caso di proposta di accordo, l’integrale pagamento, in ragione del titolo di privilegio, salvo eccezioni. È anche il caso del professionista, del privato o del piccolo imprenditore in default, con un unico debito, cospicuo, verso Equitalia, per partite fiscali incagliate, pur legittime. Posizioni che necessitano, più che di un accordo giudiziale, di una “soluzione breve” cittadino-Stato, con reciproca integrale soddisfazione. Per il contribuente, simili situazioni costituiscono sempre più motivo di sofferenza, economica e personale. A volte, siamo in presenza di situazioni insostenibili, dove il microcredito o la finanza etica non possono dare risposte adeguate, per cui è tutt’altro che infrequente il ricorso ai circuiti del capitale ad usura. Come affrontare la montagna di atti esecutivi, di misure cautelari ecc., e relativo sconquasso sociale?
Sapendo di un cittadino con posizioni a debito con l’Erario di migliaia di euro, appare ragionevole ed etico proporre di prestare la propria opera a beneficio dello Stato in concrete opere di sistemazione e di miglioramento del patrimonio pubblico e del territorio nazionale. Contro esdebitazione integrale del proprio debito, s’intende. Dobbiamo lasciare crollare il patrimonio artistico italiano o assistere impotenti allo sfacelo del nostro territorio, quando esistono competenze che potrebbero dare il proprio contributo per la sua urgente sistemazione? È pur sempre dovere del cittadino rispondere al bisogno pubblico, non sottraendosi all’obbligo di pagare le tasse.
Un apposito contratto di solidarietà, tra Stato e contribuente, andrebbe a definire i particolari dello “scambio di servizi/beni”, con la previa certificazione del professionista sul merito del contribuente per l’ammissibilità all’accordo. In fondo, si deve dare modo, a chi merita, di pagare i propri debiti in altra via. Lo Stato incassa comunque la somma, in forma di controprestazione di un servizio, il contribuente si libera di un vincolo, si crea fiducia e si accresce il capitale sociale. In una parola, si ottiene coesione sociale, attraverso la partecipazione dei cittadini, delle categorie professionali, dei politici, dello Stato, attorno a progetti di interesse comune. Si consolida il rapporto cittadino-Stato: il contribuente paga in forma di prestazione d’opera, vede l’opera, conosce la destinazione ultima delle imposte pagate e comunque dovute.
Preciso, la proposta riguarda debiti erariali, non debiti contributivi (INPS e altri) e solo apparentemente il progetto è complesso. Si tratterà di costruire una “banca dati dei contribuenti morosi col Fisco”, divisi per competenze, e raffrontare il tutto con i bisogni dello Stato e delle Pubbliche Amministrazioni.
Evito di entrare negli aspetti più pratici del progetto, da approfondire in altra sede. Penso a come “tariffare” le controprestazioni del contribuente, a come procedere alla sospensione dell’esecutività degli atti emessi, quindi la ripresa in carico da parte dello Stato dei ruoli, eccetera. Difficile? Forse. Impossibile? No. Poco giuridica e tanto etica la soluzione? Sempre, e dopo ancora. Solo per i debiti futuri e rottamazione delle cartelle pregresse? Non è detto. Il sistema di riscossione di Equitalia va riformato, per tutelare imprese e famiglie oneste in difficoltà, incolpevolmente, a causa della crisi.
Altro principio auspicabile di etica sociale sarebbe la definizione di una soglia di non aggredibilità, con azioni esecutive, del patrimonio personale, in particolare di quei beni intoccabili in quanto necessari alla famiglia e alla continuazione del lavoro che ne dà sostentamento. Un bel monito per il nostro Parlamento, per proseguire il 2012 all’insegna della sobrietà e dell’impegno civile.
Gianpietro Confente
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Vicenza
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