I tributaristi dovrebbero fornire informazioni più chiare sulle loro attività
Gentile Direttore,
così come previsto dalla L. n. 4/2013 sulle professioni non regolamentate, abbiamo appreso che l’Associazione Nazionale Tributaristi LAPET si è dotata dello specifico sportello di riferimento previsto dalla normativa in parola. La L. n. 4/2013 ha introdotto l’istituzione di questa tipologia di sportelli direttamente gestiti dalle associazioni. La finalità dovrebbe essere quella di rendere agevole – per il potenziale cittadino consumatore interessato – l’accesso ad una serie di informazioni relative alle attività svolte in generale e agli standard qualitativi richiesti agli iscritti, nonché segnalare eventuali reclami in caso di contenzioso con i singoli associati.
Non mi sono preso l’onere di verificare se tutte le previsioni di legge, per esempio quelle contemplate dall’art. 5, siano rispettate – non ho il minimo dubbio sul fatto che sia effettivamente così – ma rilevo da una prima occhiata assai fugace alcune sbavature.
Mi spiego. L’art. 5, comma 1, lett.b) della citata L. n. 4/2013 prevede che “le associazioni professionali assicurano, per le finalità e con le modalità di cui all’art. 4, comma 1, la piena conoscibilità dei seguenti elementi: a) atto costitutivo e statuto; b) precisa identificazione delle attività professionali cui l’associazione si riferisce [...]”.
Verifichiamo la rispondenza a quest’ultima statuizione. Nella sezione “Chi siamo” del sito istituzionale, nell’elenco riservato al richiamo delle “attività del tributarista”, si legge che “gli iscritti all’Associazione Nazionale Tributaristi LAPET possono, secondo la vigente normativa ed in possesso dei requisiti previsti”, tra le altre cose, “assistere e rappresentare i contribuenti presso le Commissioni Tributarie”. Non voglio saltare subito a conclusioni, peraltro facilmente ricamabili dalla lettura dell’art. 12, comma 2 del DLgs. 546/92, e allora, affidandomi alla buona fede, compio un supplemento d’indagine e vado a leggere le slides di dettaglio relative ai “principi di esercizio dell’attività del tributarista”.
Sospiro di sollievo, ho fatto bene a non saltare a conclusioni avventate. Dopo qualche vacillamento in itinere, arrivo a comprendere, lette quindici pagine, che l’assistenza tributaria in sede contenziosa non può avvenire in Commissione tributaria (testualmente “NO C.T.”). Tutto è bene quel che finisce bene, il rispetto dell’art. 12 del DLgs. 546/92 forse è salvo; magari un po’ meno quello relativo al citato art. 5 della L. n. 4/2013. Consiglio, sommessamente, per evitare che dal finestrino aperto dello sportello possa entrare troppa aria, di chiudere a qualsiasi equivoco o fraintendimento, sempre nell’assoluto e sovrano rispetto del cittadino consumatore. Mi sembra, infatti, che la “precisione” richiesta normativamente difetti, o quantomeno richieda uno sforzo ulteriore rispetto allo stato attuale.
Non per tacere delle considerazioni che si sono sovrapposte nella mia mente leggendo la sequenza di tutte le altre attività che potrebbe svolgere il tributarista, ma per questo ci vorrebbe un contributo a parte e, soprattutto, mi piacerebbe che tale contributo fosse autorevolmente scritto dal prossimo CNDCEC, qualsiasi composizione esso dovesse assumere. Mi chiedo quale sarebbe oggi, da parte della Cassazione, dopo la cornice legislativa fornita ai senz’Albo, la chiave di lettura del compimento di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, sono “univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione” – nel caso dei dottori commercialisti il riferimento è l’art. 1 del DLgs. 139/2005 – e svolti con modalità tali da creare, in assenza di palmari indicazioni diverse, le apparenze dell’attività professionale. Si potrebbe dare la stessa lettura fornita nella sentenza n. 11545/2012? Se la risposta dovesse essere sì, allora quella cornice avrebbe già bisogno di una robusta sistemata.
Mi chiedo, ancora, quale sarebbe oggi (rectius, domani... speriamo!) la lettura del CNDCEC rispetto a questa problematica, la stessa dell’Informativa n. 29/2012? Se, anche qui, la risposta fosse sì, allora auspico un intervento che faccia chiarezza.
Conclusivamente, per me rimane un mistero assai fitto come si possa essere contemporaneamente, oggi in verità ancor più di ieri, “amici” dei dottori commercialisti e di associazioni di lavoratori autonomi, nel novellato perimetro normativo rubricati come professionisti non organizzati in Ordini o Collegi, svolgenti numerose attività palesemente concorrenti, ma riconosco potrebbe essere un mio personalissimo limite.
Aprire uno sportello è sempre un gesto di grande galanteria: prima, però, bisognerebbe informare precisamente, correttamente ed inequivocabilmente da che parte scendere e, soprattutto, salire.
Marco Cramarossa
Presidente UGDCEC di Bari e Trani
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