La voluntary è solo l’ennesimo strumento per incrementare le entrate
Cortese Redazione,
sono rimasto piuttosto perplesso per l’editoriale sulla “voluntary” (si veda “Con la proroga tardiva della voluntary, una novità incoraggiante” del 1° ottobre).
Premetto di esercitare la professione di dottore commercialista in Como, città di confine con la Svizzera e quindi comprensibilmente molto sensibile al provvedimento legislativo in esame. Per la stessa circostanza noi dottori commercialisti della Provincia siamo da mesi “sulla breccia” per affrontare e cercare di risolvere le mille difficoltà connesse con l’incarico che ci è stato conferito da coloro che hanno deciso di utilizzare la procedura di collaborazione volontaria.
La nostra esperienza di professionisti “in prima linea”, impegnati sul versante della “voluntary”, mi induce a dissentire da quanto affermato nei primi due punti dell’editoriale.
1. L’assunto proposto è che siano stati portati all’estero “ingenti” capitali (ma l’esperienza insegna, in verità, che un numero rilevante di nostri concittadini ha esportato solo “modesti” capitali) spesso frutto di evasione fiscale. Spesso, molto spesso, invece, non è così. L’esperienza professionale ci ha insegnato che la gran parte dei cosiddetti evasori ha portato all’estero i propri averi non per evitare il pagamento delle imposte, ma principalmente per insicurezza e sfiducia nel nostro sistema Paese. Il problema quindi non è solo limitato all’evasione fiscale, ma riguarda quello, ben più grave, del rapporto tra Stato e cittadino.
Temo che la “voluntary”, che di volontario ha solo il nome ma che costituisce una procedura obbligata a causa degli accordi internazionali stipulati e stipulandi dal nostro Paese in tema di scambio di informazioni su temi fiscali, rappresenti l’ennesimo strumento per incrementare le entrate e non per ristabilire un più decente rapporto tra Fisco e contribuente, oggi ridotto ad uno stato lacrimevole. Del resto, i primissimi commenti sull’adesione non hanno riguardato le stime delle entrate?
La “voluntary” sarebbe molto più credibile se potesse veramente rappresentare una svolta nel comportamento dell’Amministrazione finanziaria, il cui scopo primario sembra essere solo quello di incrementare il gettito delle imposte, incurante di fatto dello stato penoso in cui si trova il rapporto Fisco-contribuente, lacerato dalla molteplicità e incertezza delle norme non meno che dall’inefficienza della P.A.
Del resto, un commento per noi amaro, che abbiamo sentito ripetere spesso dai funzionari delle banche elvetiche, riguarda proprio la complessità della procedura adottata dal nostro legislatore, del tutto diversa da quella, molto più semplice, degli altri Stati europei che hanno adottato analoghi provvedimenti.
2. Il commento mi lascia altrettanto perplesso. Dovrebbero essere inflitte a chi ha detenuto patrimoni all’estero difficoltà supplementari, oltre al conto che verrà loro presentato, per regolarizzare la loro posizione di reprobi? I temi etici non dovrebbero essere tenuti distinti da quelli tributari? L’idea dello Stato etico mi fa paura e, spero, di essere in buona compagnia a pensarla così. Concentriamoci sul vero problema: ricostruire un rapporto decente tra Fisco e contribuenti.
Renzo Gorini
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Como
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Caro Collega,
accetto ovviamente le tue osservazioni. A volte eccedo in polemica, soprattutto perché vivendo e lavorando in Italia e coltivando la segreta speranza che i miei figli non debbano (come purtroppo desiderano più di ogni altra cosa) emigrare, mi hanno sempre fatto venire l’orticaria coloro che delocalizzano o portano all’estero risorse prodotte in Italia, pensioni comprese, salvo poi farsi trapiantare le valvole cardiache a spese del nostro Servizio sanitario nazionale.
Così come me la fanno venire legislatori, Governi e pubbliche amministrazioni, quando sembrano perseguire in modo maniacale l’obiettivo di rendere l’Italia il peggior posto al mondo per fare qualunque cosa.
Nel merito osservo sommessamente che da 25 anni esiste il quadro RW, grazie al quale qualunque sfiduciato ha potuto e può legittimamente portare i propri soldi dove vuole e ivi tenerli, senza particolari conseguenze. Chi l’ha usato, oggi può bellamente ignorare la voluntary e le sue complicazioni, che tanto dolgono i funzionari delle banche svizzere (altra categoria che non riesce proprio a farmi pena), al punto da indurli a richiedere migliaia di euro per due fotocopie di estratti conto. Mi sentirei fin di rassicurarli un po’. Sollecitato dalla tua lettera, ho letto per curiosità la circolare della Francia in materia di voluntary e, se la lingua estera non mi ha tradito, la disciplina francese mi pare sostanzialmente identica alla nostra.
Giancarlo Allione
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