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LETTERE

La soppressione di Equitalia prevede una riorganizzazione di non poco conto

Martedì, 1 novembre 2016

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Spettabile Redazione,
i recenti provvedimenti del Governo destano alcune considerazioni di ordine pratico e concreto.
In primo luogo, la rottamazione dei ruoli e l’accorpamento di Equitalia in altro ente di riscossione sono forse il piatto forte di una politica di ricerca delle risorse e di comunicazione mediatica.

È noto a tutti che il peso delle cartelle esattoriali sui cittadini è davvero rilevante, al pari del gettito ancora da incassare da parte dello Stato. Negli ultimi anni si è accertato un incremento notevole delle rateazioni richieste dai cittadini per far fronte al pagamento di ruoli in più annualità, sperando di farcela visti i tempi di crisi che corrono.
Da qui un provvedimento che stralcia in fatto le sanzioni e alcuni interessi, per accelerare la riscossione. Necessità di gettito lo possono giustificare, con buona pace di coloro che nel tempo hanno sempre pagato puntualmente.
Un’ulteriore considerazione è la seguente: il livello delle sanzioni nel nostro sistema ha raggiunto livelli abnormi (200% in taluni casi rasentando il ridicolo) tale da renderne impossibile l’incasso. Ciò dovrebbe indurre il legislatore a rivedere l’intero impianto punitivo che assiste la riscossione dei tributi. Vedremo in seguito che questo vizio tuttavia persiste. Ancora qualche riserva se chi aveva ottenuto una rateazione a 72 mesi possa rottamare la cartella in quattro rate, pur ridotte, entro marzo 2018, e rinunciare alle impugnative. Davvero rischioso.

La rottamazione di Equitalia prevede una riorganizzazione amministrativa e gestionale non di poco conto e assume, a mio avviso, anche caratteri di comunicazione mediatica.
Non si vuole certo qui assumere le difese di nessuno, e riscuotere le imposte è sicuramente mestiere ingrato e odioso, ma semplicemente considerare in modo oggettivo alcuni aspetti quali il buon livello di organizzazione che tale ente di riscossione aveva raggiunto, con investimento di non poche risorse pubbliche, soldi nostri. L’ente di riscossione è in fatto un mandatario all’incasso di tributi e sanzioni altrui, nel merito dei quali non ha alcuna competenza discrezionale: un euro è uguale a un milione.

Bene, allora forse una revisione delle attività a monte si renderebbe opportuna, quanto all’applicazione di sanzioni esorbitanti, impossibili da incassare, ma anche all’iscrizione a ruolo di imposte che derivano da accertamenti che non reggono, in tutto o in parte, il giudizio delle Commissioni tributarie e ciò anche al netto degli strumenti preventivi di adesione che comunque, talvolta pur di smettere, sono altresì onerosi.
Ecco che comparirebbe allora all’orizzonte che la colpa è tutta di Equitalia? Qualcuno, come il sottoscritto, potrebbe avere dubbi, ricordando un vecchio proverbio che dice che il difetto, qualche volta almeno, sta anche nel manico.

Un ulteriore provvedimento è il ritorno al vecchio nell’emissione delle note credito IVA in caso di procedure concorsuali. Visti i tempi di crisi, anche il più renitente legislatore aveva ceduto consentendone l’emissione all’apertura della procedura, in breve. Le imprese ringraziarono, ma forse troppo in fretta.
Esigenze di cassa pare restaurino la liturgia complessa della conclusione dell’ultimo atto della procedura, spesso anzi quasi sempre pluriennale, con buona pace delle esigenze delle imprese.
Sarà interessante scoprire come si considereranno quelle procedure chiuse per legge con sentenza entro due anni – a favore delle statistiche – ma nelle quali le procedure di incasso giudiziale dei crediti e riparto ancora proseguiranno.

In ultimo, ancora un salto indietro nel tempo. La restaurazione di comunicazioni IVA trimestrali e invio delle fatture a partire dal 2017. Modesta la compensazione con altri adempimenti eliminati. Il legislatore è ondulante in materia di semplificazioni che vengono annunciate politicamente, ma in concreto pare nessuno capisca cosa siano e come si facciano.
Ancora, compaiono a corredo sanzioni che prezzano da cinquemila a 50 mila euro per comunicazioni anche solo incomplete, e una a 25 euro per fattura omessa nell’invio, senza cumulo giuridico ovviamente.
Ma hanno un’idea di quanto ci vuole per guadagnare anche solo cinquemila euro?
Si potrebbe già prevedere un’altra rottamazione di cartelle tra qualche anno.

Forse c’è un “ghost writer” di secondo livello che, mentre in Parlamento si accapigliano su referendum, democrazia, e problemi interni di partito, inesorabilmente colpisce.


Massimo Scotton
Presidente ODCEC Genova

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