Sullo spesometro dovremmo valutare un’azione collettiva di risarcimento danni
Egregio Direttore,
alla vigilia dell’adempimento, siamo puntualmente giunti alla benevola concessione della proroga, ormai elevata alla quarta potenza, dell’invio dei dati delle fatture emesse e ricevute nel primo semestre del 2017.
Una proroga che era già nell’aria da qualche giorno (si veda “Spesometro, ancora problemi con l’invio dei dati” del 4 ottobre 2017) e che, a quasi ventiquattro ore dalla scadenza, poco dopo le 17 di oggi (ieri, ndr) è stata disposta con il comunicato n. 163 del MEF, peraltro assolutamente asettico quanto alle ragioni della stessa.
In realtà, le motivazioni sono riconducibili al blocco del portale, agli scarti non motivati delle forniture, al call center in tilt, alle software house che forniscono indicazioni eterogenee e non so ancora a cos’altro, ma direi che tanto basta per dire stop!
Direi che è proprio arrivato il momento di fermare tutto, fare un respiro profondo e poi affidarsi a uno studio legale per valutare le azioni collettive da intraprendere nei confronti di tutti i soggetti coinvolti in questa farsa, termine quest’ultimo peraltro inopportuno, posto che si tratta di un componimento teatrale breve mentre nel nostro caso l’affair spesometro sta assumendo la tempistica della gravidanza di un elefante asiatico.
È stato chiesto di mettere off line l’intera procedura e il consequenziale “annullamento per manifesta incapacità dell’Amministrazione nel fornire e gestire gli strumenti che essa stessa concepisce”: ebbene, condivido appieno.
Credo però che a supportare questa sacrosanta richiesta debba essere non un sindacato o più sindacati, o quantomeno non solo, ma il nostro Consiglio nazionale, meglio se all’unisono con le rappresentanze istituzionali del mondo imprenditoriale.
Non deve finire così, a mio sommesso parere. Infatti, come più sopra già anticipato, tale ultima richiesta dovrà essere poi affiancata, valutandone ovviamente l’esistenza dei presupposti richiesti dalla legge, da un’azione collettiva di risarcimento del danno extracontrattuale ex art. 2043 c.c. Azione che è pacifico debba essere coordinata dal CNDCEC raccordandosi con gli Ordini locali o con le associazioni sindacali di categoria, la forma e la modalità poi si troverà, non sarà certo questo il problema, con l’obiettivo unico e indefettibile di tutelare i Colleghi.
Ricordo, innanzitutto a me stesso, che nel nostro sistema normativo, al fine di garantire l’ordinata e civile convivenza tra i membri della collettività, vige il principio del neminem laedere. Presidio del predetto principio, secondo cui ciascuno deve comportarsi in modo da non recare pregiudizio agli altri, è proprio l’art. 2043 c.c. che disciplina l’illecito extracontrattuale.
Allorquando un soggetto vìola una regola di civile convivenza, tenendo una condotta censurabile, intenzionale o dettata da scarsa attenzione e coscienza, incorre nella responsabilità extracontrattuale, da cui può derivare, in presenza di un danno dimostrabile, l’obbligo risarcitorio.
Quindi, l’illecito civile è ontologicamente composto da una serie di elementi, tra cui la condotta materiale antigiuridica dolosa o colposa, il nesso di causa e il danno ingiusto.
Direi, prima facie, che, sul palco della follia andata in scena sino a questo momento, gli elementi costitutivi appena tratteggiati ci siano davvero tutti.
Come è indubbio che trovino concretezza tanto il danno emergente quanto il lucro cessante, ovvero le due voci che compongono il danno patrimoniale, a voler tacere del danno morale e di quello esistenziale.
Insomma, per farla breve, è inaudito che i Colleghi siano impaludati ormai da settimane con l’adempimento in parola.
Se queste sono le premesse dell’Agenda digitale, direi che siamo più vicini a qualcosa che è degna dell’ambientazione di un episodio dei Flintstones.
Marco Cramarossa
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bari
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