Contabilizzazione dei ricavi da circoscrivere ai soggetti più grandi
Le modifiche ai principi contabili nazionali dovrebbero interessare le realtà di maggiori dimensioni vicine alle società naturalmente orientate agli IAS/IFRS
Pubblichiamo l’intervento di Raffaele Marcello, Consigliere CNDCEC con delega alla Revisione, ai Principi contabili e di valutazione e al sistema di amministrazione e controllo.
La contabilizzazione dei ricavi rappresenta senza dubbio uno dei temi più dibattuti nel corso degli ultimi anni a livello di standard setter contabili.
L’International Accounting Standards Board (IASB) ha emanato nel 2014 l’IFRS 15 “Ricavi provenienti da contratti con i clienti”, frutto anche di uno sforzo di convergenza con l’organismo contabile statunitense. L’IFRS 15, omologato anche dall’Unione europea, è entrato in vigore a partire dai bilanci degli esercizi che hanno avuto inizio dal 1° gennaio 2018.
La discussione si è animata anche a livello nazionale. I principi contabili nazionali non hanno mai avuto un documento dedicato alla contabilizzazione dei ricavi. Le principali indicazioni in materia sono contenute nell’OIC 15 “Crediti”, in cui di fatto i ricavi sono esaminati in qualità di “contropartita” economica appunto dei crediti.
Occorre ora domandarsi quali siano le modifiche da apportare e quali temi interessino. L’Organismo italiano di contabilità ha, a questo fine, preliminarmente diffuso un questionario nel 2017 per raccogliere osservazioni in materia e pubblicherà un discussion paper sull’argomento, finalizzato a raccogliere le considerazioni degli operatori.
Al di là dell’analisi tecnica, l’opinione di chi scrive è che la discussione sia da contestualizzare adeguatamente al fine di definire in modo appropriato il destinatario dei citati cambiamenti. L’evidenza naturale di partenza è che indubbiamente il dibattito in ambito locale sia stimolato anche dalle modifiche apportate agli IAS/IFRS; d’altronde i principi contabili internazionali oramai sono parte integrante del diritto dell’Unione europea e le società nazionali che li applicano ragionano in tali termini. È, tuttavia, anche noto che gli IAS/IFRS sono pensati principalmente per le società che quotano i propri titoli in mercati finanziari e, al di là delle scelte dell’Unione europea e del legislatore nazionale, per la pubblicazione dei bilanci consolidati.
Le modifiche che potranno, quindi, essere apportate ai principi contabili nazionali sono, ad avviso di chi scrive, da circoscrivere eventualmente a quelle realtà di maggiori dimensioni, le quali per problematiche, dimensione economica e complessità gestionale maggiormente si avvicinano alle società che naturalmente sono orientate agli IAS/IFRS.
In sostanza, il cambiamento dovrebbe interessare i soggetti più grandi – con inevitabile scelta delle soglie dimensionali che possono definire tali soggetti – ai quali potrebbero essere richiesti comportamenti volti a perseguire più attentamente la rappresentazione sostanziale dell’operazione.
Le società di minori dimensioni non hanno, nella stragrande maggioranza dei casi, problemi nella rilevazione dei ricavi e, anzi, hanno raggiunto nel tempo “equilibri” contabili, gestionali nonché fiscali che sarebbe controproducente modificare, determinando maggiori oneri amministrativi rispetto ai benefici di informativa prodotti. La costruzione di un nuovo documento sui ricavi potrebbe, casomai, essere l’occasione per apportare revisioni specifiche, ma non orientate a intaccare l’impostazione già in uso.
L’auspicio è che anche i “commercialisti”, insieme alle società loro vicine, partecipino al dibattito fornendo il loro punto di vista e le loro prospettive, così che queste possano essere tenute in debita considerazione nella predisposizione dei principi contabili nazionali, patrimonio prezioso e indispensabile strumento di lavoro per i professionisti.
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