La riapertura degli iper-ammortamenti non salvaguarda l’equità
Gentile Redazione,
la riproposizione – nella legge di bilancio 2019 – dell’agevolazione nota come iper-ammortamento ha portato con sé una sorpresa. Tra le pieghe della norma si annida la previsione per cui “la maggiorazione non si applica agli investimenti che beneficiano delle disposizioni di cui” alla L. 205/2017.
Tale norma, che aveva prorogato di un anno l’iper-ammortamento nel suo testo originario, così statuiva: “Le disposizioni dell’articolo 1, comma 9, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, si applicano anche agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi effettuati […] entro il 31 dicembre 2019, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2018 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione”.
In pratica, quindi, dopo che la normativa originaria (L. 232/2016) era stata fatta slittare in avanti di un anno (L. 205/2017) a condizioni agevolative immutate, è giunta la riapertura dove si è passati da una disposizione flat (che concedeva l’extra deduzione del 150% a tutti gli investimenti dotati delle caratteristiche “4.0”) ad una a scaglioni e limitata (che modula il bonus partendo dal 170% per gli investimenti fino a 2,5 milioni, passando al 100% per gli investimenti compresi tra 2,5 e 10 milioni ed arrivando al 50% per quelli compresi tra 10 e 20 milioni di euro, tetto massimo ora previsto).
Detto ciò, è probabile che chi si apprestava a eseguire un investimento “4.0” a fine 2018 si sia trovato di fronte a un bivio: prenotare l’agevolazione allora vigente (150%) attraverso la conclusione dell’ordine e il pagamento dell’acconto del 20%, oppure attendere il 2019 confidando in una nuova proroga della normativa. Chi ha scelto questa seconda soluzione, ne è uscito premiato nella maggior parte dei casi (per investimenti fino a 2,5 milioni il nuovo iper-ammortamento è più vantaggioso del precedente). Quale sorte è invece spettata a chi ha prudenzialmente pagato l’acconto entro il 31 dicembre 2018 e definito l’ordine col fornitore?
In un Paese normalmente affidabile la risposta verrebbe spontanea: “Avrà uguale trattamento (migliorativo) rispetto a chi ha sonnecchiato in attesa del nuovo provvedimento”. E invece no: chi ha fatto l’ordine e pagato l’acconto nel 2018 incappa in un paradossale “divieto” di accesso alla nuova agevolazione. L’incastro diabolico delle norme fa pertanto sì che chi è stato più previdente si debba tenere le vecchie e peggiori regole, mentre chi non ha fatto nulla possa fruire della nuova e migliore agevolazione del 170% per investimenti fino a 2,5 milioni.
L’Agenzia delle Entrate ha pure confermato questa conclusione, come se si trattasse della più logica delle conseguenze legate alla recente normativa (che invece poteva e doveva essere interpretata nel diverso senso di consentire l’utilizzo delle vecchie regole solo a chi ne avesse tratto un vantaggio, senza tramutare ciò in un’ingiusta punizione per gli altri).
Ora, a prescindere dal senso di smarrimento che può cogliere un contribuente di fronte ad una situazione così iniqua, non serve essere dei maliziosi elusori per sviluppare qualche banale reazione.
Due sono gli elementi che consentivano di agganciare l’estensione al 2019 della vecchia agevolazione: uno era il pagamento di un acconto al fornitore (fenomeno tracciato) e l’altro era la conclusione del contratto (di cui nessuna traccia certa ed oggettiva rimane nella normalità dei casi: non esisteva infatti alcun obbligo di comunicazione PEC o prenotazione telematica al riguardo); la mancanza anche di uno solo di questi presupposti inibiva l’estensione dell’iper-ammortamento al 2019.
Chi dunque sarà così autolesionista da evidenziare la conclusione nel 2018 di un contratto (che ben potrebbe essersi perfezionato nel 2019, pur dopo il pagamento – a mero titolo di anticipazione per garantirsi buoni rapporti commerciali – di una somma al candidato fornitore) al fine di vedersi tagliato l’iper-ammortamento dal 170% al 150%? E come potrà l’Agenzia contestare a questo contribuente di aver fruito indebitamente del nuovo iper-ammortamento avendo definito il contratto nel 2018 (ovviamente dando per scontato che non vi siano altre impronte indelebili dell’epoca di perfezionamento dell’ordine, come potrebbe essere un contratto di leasing)? Verrà forse fatto il processo alle intenzioni di chi ha pagato un acconto (“se hai pagato, vuol dire che avevi fatto l’ordine…”)? Per non parlare di chi magari procederà adesso alla restituzione dell’anticipo, per ripetere l’intera trafila (ordine e acconto) nell’anno corrente.
Si consumeranno così una serie di comportamenti (e repressioni) inutilmente dispendiosi ed indegni di un Paese civile, solo per non aver salvaguardato l’equità e l’affidamento nella stesura della nuova norma (a meno di non voler pensar peggio, visto che da qualche parte i fondi per i sussidi andavano trovati…).
Mi permetto di dire che questa non sarà elusione, ma mera legittima difesa fiscale.
Mario Iadanza
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Treviso
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